L’apologia del maschio: Robert Fry in mostra alla Galerie Kornfeld

 robertfry

di Vita Lo Russo
(pubblicato originariamente su Riprendere Berlino)

Sarà il cambio di stagione, sarà la mollezza dell’autunno, sarà la nebbia per le strade, ma è un periodo che non riesco a farmi piacere quasi nessuna mostra.

Ieri sera vado a questa mostra al D3LTA “They said chaos, I say form” e nonostante il fascino del loft berlinese di Moabit, a nord di Hauptbanhof, mi ritrovo nel bel mezzo di un’operazione di marketing con tanto di birre e DJ che serve da lancio a una non chiara applicazione per telefonini e computer per frammentare le foto e riassemblarle e ottenere più o meno lo stesso effetto visivo di Picasso.

L’altro ieri è andata pure peggio. Vado alla Kunsthalle della Deutsche Bank, Unter der Linden, e mi trovo a vedere la terza parte dei dipinti di Painting Forever (coda della Berlin Art Week di un mesetto fa). Noia mortale. Potevo addormentarmi in piedi.

Molto meglio il giro sulla Fasanenstraße dove per caso ho ritrovato il mio amatissimo Sail Leter, fotografo americano degli anni ’50 già incontrato due anni fa allo spazio Forma di Milano, che per chi fosse interessato e avesse diverse migliaia di euro da spendere, può direkt, in Galerie Springen, comprare.

Il cuore però me lo ha conquistato Robert Fry, classe 1980, già conclamato dalla Saatchti Gallery di Londra, che da inizio settembre è in mostra alla Galerie Kornfeld, sempre sulla Fasanenstraße.

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Ha solo 33 anni ma già ha un suo posto nell’Hermitage di San Pietroburgo. A Londra lo chiamano “il nuovo Francis Bacon. “Il nuovo Lucien Freud. Colui che dipingendo rigorosamente con tonalità scure di viola, lilla e prugna, sembra tratteggiare l’animo e la psicologia del maschio. I suoi soggetti sono infatti spesso uomini, nudi. La testa scompare, e al suo posto compaiono televisori, cubi di Rubik, una marea di falli.

I suoi soggetti, spesso sono raffigurati con il loro doppio, con la loro anima, con la loro ombra. Da un lato predominano i genitali, dall’altro la testa. Se deve far saltare qualcosa, ad ogni modo, preferisce sempre far saltare la testa, non il cazzo. Qualcuno nelle due figure ci vede il rapporto, spesso drammatico e mai completamente risolto, tra padre e figlio. Forse il suo. Competizione. Animale. Ultra-animale. Più distruttiva. Più umana.

Fry è considerato tra i più promettenti artisti inglesi. E oltre al fatto che è giovane, non nasce come pittore. In passato si è dedicato molto alla videoarte. Ora però preferisce fare le lastre (ultraviolette) a questi uomini del terzo millennio che continuano a rimanere aggancianti ad un ancestrale, ributtante, istinto di dominazione e prevaricazione.

Il nostro è in mostra  in Galerie Kornfeld, Fasanenstraße 26, Berlin, fino al prossimo 16 novembre. Gratis. Messaggio alle amiche: forse nella sua condanna al maschio è un profondo maschilista, è vero, ma in compenso Fry è un gran figo.