Lavorare in Germania: cosa fare in caso di licenziamento ingiustificato

licenziamento ingiustificato

Quando andiamo a lavorare all’estero, spesso lo facciamo pensando solo al “migliore dei mondi possibili”. D’altra parte è un peccato veniale e molto comune, quello di vedere travi e pagliuzze al contrario, quando si parla della vita all’estero rispetto a quella nel proprio Paese, magari dando per scontato che certe situazioni ingiuste o poco trasparenti si verifichino solo in casa nostra e non altrove. La realtà, ovviamente, è diversa: in ogni Paese esistono persone e situazioni diverse, esistono datori di lavoro che rispettano tutti i diritti dei dipendenti e altri che non lo fanno. Proprio per questo, in Germania come nel resto d’Europa, esistono leggi che tutelano chi lavora da più punti di vista. Una delle situazioni sulle quali più spesso i nostri lettori ci hanno chiesto consiglio è quella in cui si ritiene di essere vittime di un licenziamento ingiustificato. Quali sono i nostri diritti in Germania? In che modi e in che tempi è possibile contestare la decisione del datore di lavoro di terminare un rapporto professionale, se si ritiene di essere stati mandati via ingiustamente?

La procedura è piuttosto lineare, ma è importante conoscere i tempi giusti dell’azione. Le informazioni che troverete in questo articolo fanno riferimento alla legge che regola la protezione dal licenziamento ingiusto e alle indicazioni fornite dal sindacato Ver.di. In ogni caso, per ottenere consulenze sulla propria situazione specifica, consigliamo sempre di rivolgersi a professionisti del diritto del lavoro o a un sindacato di riferimento del proprio settore.

Cosa dice la legge

Quando un licenziamento si definisce ingiusto, in Germania? La legge che regola questa materia (il cui testo originale è disponibile qui) prescrive quanto segue.

All’articolo 1 si dice che “Il licenziamento di un dipendente il cui rapporto di lavoro sia esistito nella stessa azienda o impresa per più di sei mesi senza interruzioni è legalmente invalido se è socialmente ingiustificato”. Che cosa si intende per licenziamento ingiustificato “socialmente”? Semplice: si ritiene ingiustificato un licenziamento non dovuto “a motivi legati alla persona o al comportamento del dipendente o a urgenti necessità operative che impediscono al dipendente di continuare a lavorare in questa azienda”, ma anche se viola altre disposizioni sul licenziamento dei lavoratori e sulla protezione dei loro diritti o i contratti collettivi pertinenti, per esempio, se “il dipendente può continuare a essere impiegato in un altro posto di lavoro nello stesso stabilimento o in un altro stabilimento dell’azienda”. Le regole possono cambiare leggermente a seconda che il datore di lavoro sia un’azienda privata o un’istituzione pubblica, ma, specialmente per le grandi aziende, i diritti fondamentali sono sempre tutelati.

Ovviamente, è assolutamente vietato licenziare i dipendenti su base discriminatoria (per esempio, per considerazioni che abbiano a che fare con l’etnia, l’identità di genere, il credo religioso o l’orientamento sessuale), così come per il rifiuto di accettare condizioni di lavoro che di per sé non sono lecite (per esempio, il divieto di fare le pause previste dalla legge o di godere delle dovute ferie). In questa sede, non ci occuperemo né del dettaglio delle diverse possibili cause di licenziamento illegittimo né delle questioni che riguardano il trattamento di fine rapporto, concentrandoci invece solo sul ricorso contro la rottura ingiustificata di un rapporto di lavoro.

Fare ricorso contro un licenziamento ingiusto

Un dipendente che riceve un avviso di licenziamento che ritiene ingiustificato può procedere legalmente, per fare ricorso contro la scelta del datore di lavoro. In particolare, è necessario presentare la propria istanza di reclamo presso il tribunale del lavoro entro un termine rigoroso di tre settimane. Questo passo è di vitale importanza per contestare il licenziamento, poiché è questo il passaggio nel quale si dichiara di ritenere che esso sia socialmente ingiustificato o giuridicamente non valido per una serie di altre ragioni. È cruciale sottolineare che il mancato rispetto di questo termine di tre settimane comporta che il licenziamento diventi automaticamente efficace dal punto di vista legale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Se il reclamo viene presentato entro questo termine, si avvierà un procedimento in base al quale il datore di lavoro è chiamato a giustificare il licenziamento e a fornire le prove delle ragioni addotte per tale decisione. In questa fase, è altamente consigliabile per il lavoratore farsi assistere da esperti di diritto del lavoro o da un sindacato. Tuttavia, bisogna sapere che il fatto di aver presentato un reclamo contro il licenziamento non autorizza a ignorarlo del tutto. Questo vuol dire che il dipendente è solitamente tenuto a lasciare l’azienda dopo la scadenza del periodo di preavviso, a meno che non vengano presi accordi diversi.


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Inoltre, il procedimento andrà avanti indipendentemente da altri eventuali rapporti di lavoro che si pongano in essere nel frattempo. Se, per esempio, il dipendente decide di stipulare un nuovo contratto di lavoro con un altro datore di lavoro (e quindi non punta alla ri-assunzione da parte della vecchia azienda), ciò non gli impedisce di continuare il processo davanti al tribunale del lavoro per contestare il licenziamento precedente. Infatti, il processo di tutela del licenziamento può estendersi per diversi anni attraverso varie istanze giudiziarie.

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