Elezioni in Germania: vittoria dell’SPD sulla CDU, Verdi terzo partito. Ma il governo è ancora un’incognita

La Germania ha scelto: dopo 16 anni di cancellierato di Angela Merkel e di inamovibile dominio della CDU/CSU, la forza trainante al Bundestag tornano a essere i socialdemocratici dell’SPD, guidati da Olaf Scholz, che nei dibattiti ha convinto a livello personale, facendo recuperare al partito numerosissimi consensi e strappando un 25,7% dei voti. Il partito di Merkel – che praticamente nessuno ha mai trovato naturale chiamare “il partito di Laschet”, e questa potrebbe essere una parte del problema – sprofonda al minimo storico del 24,1%. Il terzo partito sono i verdi con il 14,6%, seguiti dai liberali dell’FDP con l’11,5%, da AfD con il 10,4% e da Die Linke con il 4,9%. L’affluenza è stata del 76,6%, praticamente identica a quella delle ultime elezioni. La distribuzione dei seggi non è ancora stata annunciata, ma, secondo le proiezioni di ARD e ZDF, potrebbe essere la seguente: SPD, fra 205 e 209 seggi (nel 2017 erano 153), CDU/CSU fra 194 e 196 seggi (nel 2017 erano 246), Verdi fra 116 e 118 seggi (nel 2017 erano 67), FDP fra 91 e 93 seggi (nel 2017 erano 80), AfD 84 seggi (nel 2017 erano 94), Die Linke fra 39 e 40 seggi (nel 2017 erano 69).Che volto avrà la Germania all’indomani della vittoria dell’SPD?

Il candidato della CDU Armin Laschet.
Kasa Fue, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

La differenza fra una vittoria dell’SPD e una sconfitta della CDU

Per quanto il risultato elettorale possa essere percepito come (e di fatto, storicamente, sia) una sconfitta della CDU, il margine fra i due partiti è comunque ridotto ed è per questo che, nella notte fra domenica e lunedì, a conteggi ultimati, i leader di entrambi i partiti hanno rivendicato l’incarico di formare un governo. Da una riunione fra i due procederanno le decisioni per una futura coalizione, che tanto Scholz quanto Laschet vorrebbero costruire coinvolgendo i Verdi e l’FDP. I partiti collocati alle due estremità dell’arco costituzionale, ovvero AfD a destra e Die Linke a sinistra, sono relegati all’opposizione. Dovrebbero placarsi, a questo punto, i timori di Laschet, il quale aveva accusato Scholz e Baerbock di non escludere apertamente un’alleanza con Die Linke allo stesso modo in cui tutti i partiti hanno sempre escluso in modo inequivocabile qualsiasi forma di collaborazione con AfD.

Tempo di alleanze: per la prima volta da oltre mezzo secolo, potrebbero esserci tre partiti al governo

I numeri parlano chiaro: l’unica possibilità di formare una coalizione di maggioranza con un’alleanza bipartitica è l’opzione rosso-nera, ovvero SPD e CDU/CSU, ma pare che questa combinazione non sia particolarmente gradita a nessuno dei due diretti interessati. Per la prima volta dagli anni ’50 e dai tempi della CDU di Adenauer, quindi, alla guida del Paese potrebbe esserci una coalizione formata da tre partiti. Le tensioni, al momento, riguardano il ruolo di cancelliere, che Laschet vorrebbe aggiudicarsi nonostante il secondo posto elettorale, mentre Scholz afferma che il voto dei tedeschi sia un chiaro messaggio relativo al desiderio di cambiamento – il che confermerebbe a pieno quanto emerso dai sondaggi successivi ai tre dibattiti televisivi fra i candidati.


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Entrambi i partiti, quindi, potrebbero provare ad andare al governo formando un’alleanza con Verdi ed FDP. Christian Lindner non ha fatto mistero di preferire questa opzione rispetto a una collaborazione con l’SPD: FDP e CDU/CSU sono senza dubbio più vicine in termini di valori e contenuti del programma di quanto i liberali non lo siano con i socialdemocratici. Tuttavia, la posizione di ago della bilancia non può prescindere dal fatto che i Verdi siano il terzo partito, posizione scomoda, se si considera che a livello programmatico, soprattutto in materia di economia e protezione del clima, il partito di Baerbock e quello di Lindner non potrebbero essere più diversi.

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La candidata dei Verdi Annalena Baerbock.
Bündnis 90/Die Grünen Nordrhein-Westfalen, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

Laschet potrebbe diventare cancelliere nonostante la vittoria dell’SPD?

Nella storia tedesca esistono precedenti in tal senso. Willy Brandt, per esempio, divenne cancelliere nel 1969 nonostante la SPD fosse il secondo partito e così anche Helmut Schmidt nel 1976 e nel 1980. In questo momento storico, tuttavia, non si può ignorare il fatto che una sconfitta elettorale dell’Unione dopo 16 anni di cancellierato possa indicare effettivamente una volontà di cambiamento dei tedeschi. Difficile, all’interno del partito, non considerarla come una sconfitta personale di Laschet e non speculare su quanto diverso sarebbe stato il risultato elettorale se il candidato fosse stato il bavarese Markus Söder.

Christian Wolfgang Lindner, leader dell’FDP. Photo by boellstiftung

L’estate che ha cambiato la politica tedesca

Che fosse difficile raccogliere l’eredità di Angela Merkel era chiaro ai più, ma da qui a ipotizzare una vittoria dell’SPD alle elezioni il passo era tutt’altro che breve. I socialdemocratici, dopo tutto, venivano da un lungo periodo di calo della popolarità, si erano attestati al 20,5% alle elezioni del 2017 e nei sondaggi di quest’estate erano dati al 15%, dietro ai Verdi in rapida rimonta. La CDU, che alle ultime elezioni aveva portato a casa il 32,9% dei voti, ha vissuto la debacle più dura fra tutti i partiti dell’arco costituzionale tedesco. Annalena Baerbock, che molti hanno additato come una scelta sbagliata, che avrebbe fatto perdere ai Verdi la possibilità di essere il secondo partito, ha sì mancato il risultato che il partito si era prefisso, ma ha comunque conquistato il risultato elettorale più significativo che la sua parte politica abbia mai riportato al Bundestag, portando i Verdi dall’8,9% del 2017 a un rispettabilissimo 14,8%, scalzando AfD dalla terza posizione, dal momento che gli estremisti di destra, che hanno scelto di affidare la leadership all’ala più estrema del partito, hanno perso il 2,3% dei voti, passando dal 12,6% delle ultime elezioni al 10,3%.

Le variabili che hanno influenzato questa campagna elettorale portando alla vittoria dell’SPD sono numerosissime. Il carisma dei singoli leader ha sicuramente giocato un ruolo importante, ma sarebbe ingiusto e riduttivo attribuire il risultato della CDU esclusivamente all’idiosincrasia di Laschet per i fotografi o alla capacità di Scholz di emergere nei confronti televisivi con il rivale. La gestione di una crisi come quella pandemica, con il ministero della salute in mano al primo partito di governo, ha sicuramente contribuito a erodere la fiducia dell’elettorato, facendo apparire qualsiasi errore del governo nella gestione dell’emergenza come un errore del partito e identificando i volti della CDU – primo fra tutti quello di Jens Spahn – con tutte le misure più impopolari dell’era Covid.

I colloqui delle prossime ore saranno determinanti per stabilire gli equilibri di potere nella futura alleanza di governo.

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