I onLy cOme ouT at niGht: il passato non muore mai

il passato non muore mai

il passato non muore mai

Non riesco a rilassarmi o a riposarmi nemmeno in vacanza, sono sempre teso. Ho voglia di fare tantissime cose e ogni cosa richiede tempo e dedizione. Fosse per me trascorrerei le vacanze a mangiare, dormire, leggere. C’è tanto lavoro che va portato a termine prima del mio rientro a Berlino, il mio calendario post-rientro è già fittissimo. Sto lavorando, tra le altre cose, alla batteria dei nuovi brani della band. Il risultato è molto dark.

Per le vacanze sono venuto a trovare i miei genitori. Qui lo standard di vita che mi è concesso è migliore di quello che posso permettermi io. Ho bisogno di molti spazi e vivo da troppo tempo da solo, tendo sempre ad isolarmi. C’è un rapporto che non è mai cambiato da quando sono andato via da questo posto: c’è un muro tra me e la gente. In un paesino la curiosità è il pasto migliore, e qui hanno tutti fame. A me non importa nulla delle loro vite, purtroppo ho esasperato questa mia posizione e mi preoccupo soltanto di quello che succede ai miei familiari, sono cinico e freddo verso tutto il resto.

L’edificio dal quale scrivo fu fatto costruire dal mio bisnonno un centinaio d’anni fa, ai tempi qui c’erano soltanto due case sulla via. È molto elegante, gli ingressi esterni decorati, le volte altissime, nella sua versione originale era dotato di un ampio giardino. Ho in mente una foto del mio bisnonno diciottenne con un foulard al collo tenuto da una spilla con una pietra. Era bellissimo ed elegantissimo, e a quanto mi dicono molto severo. Mia madre mi racconta che la moglie era anche lei una donna di poche parole, molto buona e niente affatto stupida, una di quelle signore che per una parola in più o una battuta fuori luogo ti avrebbe fulminato.

L’attuale proprietaria di questa casa non sta molto bene, allora non vive più qui. È il primo anno che la casa è chiusa e non lo sopporto. Si trova all’angolo più centrale del paese, io dormo qui e quando si è tenuta una processione religiosa nella giornata di ferragosto, l’apertura esterna della sala d’ingresso era spalancata e le luci accese. Io e mio fratello eravamo in piedi all’ingresso, lui salutava i passanti, io guardavo tutti incazzato, uno sguardo colmo di risentimento e disprezzo. Mentre la processione avanzava, a pochi centimetri da noi, li vedevo guardare e scambiarsi parole, pettegolezzi, dove sarà la signora? E chi è quello con la barba? A nessuno importa nulla, loro vogliono solo poterne parlare. Se dovessi tornare a vivere qui nell’isola, vivrei segregato in casa, o forse in campagna.

A me piace la campagna, il silenzio e il lavoro che comporta. Sono andato a vendemmiare con mio padre e mia sorella, adesso è già tutto in botte a fermentare. Abbiamo vendemmiato Chardonnay, il rosso a settembre, ma io non potrò partecipare.
Nel pomeriggio di ieri sono andato a fare una passeggiata in una campagna più a nord. Non avevo mai notato la presenza di una “neviera”. Stavo passeggiando e ho visto che i rami di un albero mi raggiungevano dal basso. Mi sono avvicinato e da un lato, dove la vegetazione non era troppo invasiva, ho notato una parete di roccia profonda alcuni metri. Ho guardato per bene e si trattava di un rettangolo scavato in profondità e delimitato da pareti di pietra. Le neviere venivano utilizzate per raccogliere la neve, trasformarla in ghiaccio e riutilizzarla in estate per il confezionamento di bevande fresche, per la conservazione, durante l’anno, di cibi deteriorabili, e anche per alcune cure prescritte dai medici.

La proprietà in cui mi trovavo risale al XVIII secolo ed è stata sempre abitata. Una volta l’anno mi piace andarci e passeggiare fino all’ingresso dell’antichissimo giardino recintato. Ho portato con me una sorta di bastone, potrebbero esserci cani randagi, e sicuramente ci sono serpenti. Dall’alto, dalla casa, non si vedono nemmeno le mura di questo giardino, e questo lo rende ancora più fantastico e romantico.

Il terreno è in discesa, di tanto in tanto vi sono come delle terrazze e piccolissimi gradini tra un livello e l’altro. Io mi sono sentito di nuovo piccino e sono sceso per vie irregolari. Dietro un muro di carrubi, sono finalmente comparse le mura. Un anno fa devo aver chiuso il cancello di ingresso, ma qui chiunque può passare, i cacciatori, le volpi, le vacche. Oltrepassato il cancello, c’è un sedile per potersi riposare. La prima volta che sono venuto in questo luogo mia nonna mi ha sussurrato un segreto di famiglia che si tramanda da un paio di secoli. E ogni volta che mi trovo davanti a quest’insolito giardino nel nulla, ricordo e sorrido. Il passato non muore mai.

Ein Arschloch è un verme metropolitano che vive soprattutto di notte.
Ama l’anatomia, l’arte e, paradossalmente, la campagna.
Odia i tovaglioli di carta, la plastica e svegliarsi al mattino.
Nightwalker, musicista, post-modern dj, D.I.Y. creative.
Ich bin kein Künstler, ich bin ein Arschloch.