di Emanuela Barbiroglio
C’è una ragazza che si è arrampicata sui tetti di Berlino per fotografare la città da un’insolita prospettiva: dall’alto.
Si chiama Diane Vincent e lassù ha scoperto distese pacifiche di cemento, silenziose e immobili. È salita in cima a moltissimi edifici, un’infinità di volte, per anni, prima di capire che cosa la attraeva tanto.
«Semplicemente mi sentivo legata a questi posti strani, oscuri e sconosciuti». Sul suo sito racconta: «Soltanto alla fine ho realizzato che avevo compilato una sorta di mappa personale, un’immaginaria escursione in un’altra dimensione».
La fotografia non è il suo unico interesse. Nata e cresciuta nella Germania dell’Est, ha studiato musica, Filosofia e Scienze culturali a Berlino e poi a Parigi, concentrandosi su ritratti e panorami. Gioca a ping-pong e non le dispiacciono neanche i mondi del documentario e dell’editoria.
Diane Vincent ha esplorato Berlino da una diversa angolazione, sola, spettinata dal vento nevoso oppure arroventata sul catrame inclemente, affascinata dalla vastità dell’architettura che si espande a perdita d’occhio, finché all’improvviso un blocco più alto ostacola e interrompe la visione.
Ora il frutto del suo lavoro è stato raccolto in un bel libro fotografico rilegato a mano. Oben (“sopra”) racconta questo paesaggio urbano inedito e incantevole, che altrimenti pochi avrebbero modo di conoscere, e si può acquistare online. Lo scorso ottobre i suoi scatti sono stati selezionati per la fiera Unseen che si terrà ad Amsterdam.
Lontana dalla frenesia della gente, che passeggia birra alla mano o corre per andare a lavoro una decina di piani più sotto, lontana dal traffico, lontana dai locali, Diane se n’è stata con la sua macchina fotografica appollaiata per immortalare quello che a volte sembrava un deserto a volte un oceano.
Se ancora esistesse un modo in cui Berlino non è stata raccontata, è possibile che lei sia riuscita a trovarlo.
