La potenza della semplicità nella Neue Nationalgalerie di Berlino

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Neue Nationalgalerie, Public domain, via Wikimedia Commons
di Vincenzo Guzzo*

L’Edificio della Neue Nationalgalerie è, “turisticamente” parlando, spesso messo in secondo piano dai nuovi e imponenti edifici posti nella vicina Potsdamer Platz.

Molti di noi, forse, trovandosi in zona, si lasciano prendere (giustamente) dal nuovo skyline di Berlino creato dai tre edifici prospicienti la Potsdamer Platz e dal maestoso edificio del Sony Center.

Progettato nel 1962 dall’arch. Mies Van Der Rohe ed inaugurato nel 1968 (un anno prima della sua morte) la Neue Nationalgalerie è forse oggi una delle più importanti testimonianze di uno dei più noti architetti dell’architettura moderna europea e non solo (basti pensare alle innumerevoli realizzazioni di Mies anche negli Stati Uniti).

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Marmontel, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Oggi ospita al suo interno una mostra permanente ubicata al piano interrato, mentre al piano terra trovano sede diverse mostre temporanee che si succedono durante tutto l’anno.

Contrariamente al suo altrettanto celebre collega Le Corbusier, che più o meno nello stesso periodo realizza a Berlino l’Unitè d’Habitation (Flatowallee, 16 Berlin) edificio molto materico e strutturato, completamente realizzato con cemento armato a vista, o al suo diretto “dirimpettaio” l’edificio della Philharmonie di Berlino (altrettanto “massiccio” realizzato su progetto dell’arch. Hans Scharoun nel1963) l’edificio di Mies risulta invece, se pur di grandi dimensioni, molto leggero ed elegante.

L’architetto ha lavorato con superfici sia orizzontali che verticali, superfici che non incontrandosi, conferiscono all’edificio un senso di leggerezza e di estrema potenza espressiva.

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Neue Nationalgalerie, Attribution, via Wikimedia Commons

Ampie superfici vetrate caratterizzanti le pareti esterne sono messe in contrasto con la copertura in acciaio a vista (dello spessore complessivo di 2,00 ml. e sporgente rispetto alla facciata di circa 7 ml.) che pare librarsi nell’aria. Quest’ultima è formata da un reticolo di travi in acciaio tra loro incrociate, travi che vanno a formare una sorta di “cassonatura” su tutto il soffitto.

Non essendo presenti partizioni interne di alcun tipo (gli otto pilastri a forma di croce e molto esili sono solo agli estremi dell’edificio) lo spazio ne risulta libero e totalmente permeabile alla vista (caratteristiche che ben si sposano con la destinazione museale per il quale l’edificio è stato progettato).

I pilastri sono infatti posizionati nei punti intermedi del corpo di fabbrica ( e non negli angoli) con lo scopo di conferire una maggiore trasparenza ed uniformità di spazio visivo a tutto l’ambiente. Il risultato finale è una straordinaria orizzontalità visiva.


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Come abbiamo visto, se pur in prima apparenza l’edifico risulta presentarsi all’esterno molto semplice e poco articolato, tale semplicità si scontra invece con un particolarità molto forte degli spazi espositivi.

La struttura museale, che come accennato all’inizio e suddivisa su due livelli, presenta le seguenti caratteristiche: il piano interrato (di circa 10.000,00 mq.) caratterizzato da uno spazio prospiciente ad un giardino allestito con delle sculture, è uno spazio caratterizzato da un’ampia vetrata che permettendo l’ingresso della luce naturale, conferisce all’ambiente una straordinaria intensità spaziale. A tale piano trovano inoltre sede gli uffici del museo.

Il piano terra (di circa 5.000,00 mq.) è leggermente rialzato rispetto al piano stradale ed è posato su di un podio di granito grigio (come a flottare sospeso nell’aria), conferendo all’edificio quel senso di leggerezza architettonica che il progettista, con questo sistema, ha voluto enfatizzare.

Dal piano terra, con un unico sguardo, il visitatore coglie immediatamente lo spazio urbano esterno, che a questo punto diventa un tutt’uno con la mostra espositiva ambientata all’interno del museo.

Possiamo tranquillamente affermare che la celebre citazione di Mies Van Der Rohe “Less is more” (il meno è più) trova in questa opera piena dimostrazione e rappresentazione.

L’arch. Vincenzo Guzzo, titolare dello Studio Guzzo, da anni si occupa di progettazione architettonica. Da tempo è inoltre specializzato in recupero del patrimonio esistente e progettazione di edifici ecosostenibili. È presente anche a Berlino.

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