Ich bin ein Vamp: la musica del Kabarett tra ironia, politica e sensualità

Claire Waldoff

di Attilio Reinhardt
(post tratto da Kabarett.it)

L’ambito musicale, nel Kabarett tedesco, fu un territorio variegato sia per i temi trattati (politici, sociali e sessuali) che per gli interpreti e gli autori. Tra questi ultimi troviamo Rudolf Nelson, vulcanico compositore ed abile impresario, che aveva raggiunto il successo già prima della Grande Guerra.

Dopo il 1918 si aggiunsero anche Mischa Spoliansky e Friedrich Hollaender, che musicavano (ma Hollaender era anche paroliere) scritti e liriche di Marcellus Schiffer, arguto osservatore della società, dei suoi tic e manie. Altra fonte d’ispirazione erano i lavori di Kurt Tucholsky, caratterizzati dalla graffiante ironia.

Sul palco, le canzoni erano interpretate da figure femminili estreme ed incisive. Benché l’immaginario collettivo sia legato alla Lola Lola creata da Heinrich Mann, e incarnata sullo schermo da Marlene Dietrich nell’Angelo Azzurro di von Sterneberg, le cantanti dei locali berlinesi erano spesso lontane dall’iconografia della vamp decadente e letale.

Anzi, questo modello veniva sovente parodiato, come nel brano intitolato, appunto, Ich bin ein Vamp (Spoliansky), la cui protagonista snocciola tutti i luoghi comuni della femme fatale, che dorme «nel letto di madame de Pompadour», ha «il fisico di Salomé» e possiede un tale magnetismo da aver sedotto anche Hitler ed essersi impadronita dei suoi baffi.

Margo Lion

Due delle più celebri interpreti della Kabarett Musik furono Margo Lion Claire Waldoff. La prima, alta, diafana e dinoccolata, incarnava la bellezza androgina che tanto affascinava a quel tempo. La seconda era, all’opposto, mora e robusta, col fare della popolana: l’ideale per incarnare lo spirito proletario dei sobborghi berlinesi.

Le interpretazioni della Lion e della Waldoff – come anche di Rosa Valetti e Trude Hesterberg – avevano sempre un tono sarcastico, dove anche la possibile aggressività femminile veniva stemperata in abbondante ironia. Ad esempio, in un brano di Hollaender intitolato Sex-Appeal, la protagonista è così seducente da possedere persino un 7-appeal e un 8-appeal!

Come si nota, il tema della femminilità era molto presente nelle canzoni di Kabarett, ma non sempre era visto dal solo punto di vista eterosessuale. In Wenn die beste Freundin [Se la migliore amica] (Spoliansky), due ragazze cantano le gioie della loro amicizia fino a rendersi conto che «un uomo è solo un uomo».

Qui l’omosessualità è solo suggerita (nonostante ciò, la canzone divenne l’inno non ufficiale del movimento lesbico tedesco), ma brani come Raus mit den Männern! [Via gli uomini!] (Hollaender), su una soluzione di vita più che femminista, o l’ancora più esplicita Maskulinum-Femininum (Spoliansky), sulle amenità della confusione tra generi, già dal titolo fanno capire molto di quello che era la franchezza con cui si parlava dell’argomento. Indubbiamente, un po’ per apertura mentale, un po’ per desiderio di sperimentazione, un po’ per épater le bourgeois

Claire Waldoff

Nonostante tutte queste canzoni fossero pervase, come già detto, da una forte ironia, il tema dell’omosessualità era comunque considerato molto seriamente: ancora Spoliansky tentò di scrivere un inno appassionato ai diritti gay, intitolato Das lila Lied.

Capitava talvolta che la parodia sessuale incrociasse l’altro tema preferito dal pubblico del Kabarett: la politica. «Ho una gran voglia di Tamerlano, come non ce ne sono più» gridava la cantante di Mir ist heut so nach Tamerlan! (Nelson), usando una esplicita metafora fisica per fare il verso a chi auspicava il ritorno di un uomo forte che riportasse la Germania all’antico splendore.

Le idee e le manie politiche non mancavano quindi di venir messe alla berlina, ma anche di essere trattate in maniera seria e disillusa. Su questo argomento, la vetta più alta fu toccata da Hollaender, che scrisse una lunga lirica nella quale un uomo racconta una Germania del tutto diversa da quella del tempo: niente svastiche, niente militarismi, niente superuomini, ma con la legge dalla parte del debole, una vita equa per tutti e il trionfo della repubblica! Durante tutta la canzone, però, risuona ossessionante la parola Lüge (bugia), perché, come scopriamo dal titolo, a raccontare questa Utopia mitteleuropea è il barone di Münchhausen.

Nel repertori di Kabarett c’è posto anche per la satira sociale: in brani come Wir wollen alle wieder Kinder sein! [Vogliamo tornare tutti bambini!] Hollaender si fa beffe di coloro che non si rassegnano ai necessari mutamenti dettati dal trascorrere del tempo, pensando a quanto migliore fosse il passato.

Ma si tratti di politica, di gusti sessuali, della società tedesca, o di qualunque altro tema trattato, nelle canzoni citate si legge sempre una sommessa malinconia, in bilico tra la speranza nel futuro e la disillusione della realtà presente.