Hollande-Merkel, accordi e disaccordi

É arrivato in serata, François Hollande, dopo che un fulmine lo aveva costretto a interrompere il suo viaggio verso Berlino per effettuare un cambio d’aereo.

Il Presidente francese, passato lo spavento, ha concluso la sua giornata-monstre – tra passaggio di consegne, giuramento, nomina del nuovo premier – incontrando Angela Merkel nella capitale tedesca.

Dopo una piccola cerimonia, con inni nazionali e rassegna del picchetto, la cancelliera lo ha accompagnato nelle varie fasi del protocollo ufficiale.

L’incontro tra i due è stato caratterizzato da toni concilianti: c’è stato accordo sulla Grecia, che per entrambi deve restare nell’Eurozona, così come sugli aiuti e sulle sfide comuni necessarie per assicurare che il processo di sviluppo europeo prosegua senza intoppi.

Resta da vedere come il rigore di Angela Merkel si sposerà con la voglia di ripresa di Hollande, che passa attraverso un ritocco al patto di bilancio.

“L’Europa deve assumere le proprie responsabilità sulla crescita”, ha spiegato Hollande a margine dell’incontro. Sul Fiscal compact, il presidente non è arretrato di un passo rispetto ai proclami fatti durante la campagna elettorale: “Avevo detto che bisogna aggiungere la dimensione della crescita”, senza la quale “non si esce dalla crisi”. “Vediamo quali sono le formule giuridiche e le proposte per farlo”, ha aggiunto.

Così invece Frau Merkel: “Non ho nessun dubbio che esistano punti di accordo sulla crescita”, ma “bisognerà incontrarsi più volte”.

 

1 COMMENT

  1. Sicuramente la sconfitta elettorale subita dalla Merkel nel più importante Land tedesco il 13 Maggio scorso ha ulteriormente indebolito la sua possibilità di influenzare i destini dell’Unione Europea. (Per un approfondimento cfr. http://riccardomotti.wordpress.com/2012/05/14/la-fine-del-rigore/).
    Guardando i risultati elettorali in tutti i paesi della zona Euro, risulta evidente come ci sia un evidente malcontento popolare nei confronti dell’austeriry, che in nome del pareggio del bilancio sacrifica in modo eccessivo le capacità di ripresa dell’economia reale.

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