In bici a Spandau, paradiso segreto delle due ruote vintage

© Stephen Downes / CC BY NC 2.0
© Stephen Downes / CC BY-NC 2.0

di Federico Meda

Spandau sembra non conoscerla nessuno. Appare come un capolinea di una S-Bahn (la cinque) e poco più. Non ci si chiede nemmeno se i rivali dei Duran Duran abbiano preso spunto da questo toponimo per cambiarsi per la terza volta di nome, dopo gli esordi come “The Cut” e “The Makers”.

Eppure la località compare in un documento ufficiale prima di Berlino (come Spandow) e ottiene il titolo di città cinque anni in anticipo rispetto all’attuale capitale tedesca: 1232 contro 1237. Inezie per i profani, motivo d’orgoglio per gli indigeni che non hanno mai digerito l’annessione alla Grande Berlino, avvenuta nel 1920.

Appurato che gli Spandau Ballet si chiamano così in onore di questo Ortsteil a ovest di Charlottemburg – varie le motivazioni, nessuna ufficiale – vi consigliamo di visitarne il centro, composto da una cittadella fortificata che risale al XVI secolo che si può girare comodamente in bicicletta e da un quartiere pedonale restaurato negli anni Ottanta, pieno di negozi e posti dove mangiare un boccone senza essere avvelenati. L’atmosfera da cartolina svanisce allontanandosi dal Rathaus: le vetrine sono un po’ vuote, i colori fuori moda, le botteghe autentiche. Niente che somigli a Berlino città.

Pedalate vintage (Uli primo a sx con la Stukenbrok del 1907)
Uli Feick è il primo a sinistra, con la sua Stukenbrok del 1907

Al 28 di Jagowstraße, nel seminterrato, trovate un grosso negozio di ricambi, noleggio e riparazioni di biciclette riferimento del quartiere. Il proprietario si chiama Uli Feick: ha dei lunghi baffi, il viso allungato ed è vicino al metro e novanta. L’abbigliamento démodé tradisce una passione per i tempi andati che lui soddisfa collezionando due ruote classiche: Uli è infatti il più grande collezionista di bici storiche del Brandeburgo. È chiaro in proposito: «Sono nato e cresciuto qui, non sono sposato e non ho bambini; le biciclette sono le mie figlie».

Colleziona da fine Ottocento agli anni Cinquanta, non oltre. E conserva tutto nei locali gemelli del negozio: al 28 ci sono infatti tre porte, a sinistra il negozio, al centro il condominio, a destra il Museo. «L’ho aperto nel 2008, coronando un sogno: da tanto volevo uno spazio espositivo per la collezione di bici e memorabilia a due ruote. A parte gennaio, quando vado in vacanza per musei e per mercati, alla ricerca di pezzi di ricambio e nuove biciclette, cerco sempre di trovare il tempo per delle visite guidate. Certo, se mi si avvisa per telefono del proprio arrivo è meglio».

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Uli nel suo negozio, a Spandau

Uli è un personaggio eccentrico: pensava di fare il falegname, secondo i desiderata paterni, poi ha scoperto la passione per le biciclette e non ha più smesso: «Sono specializzato in biciclette tedesche: Opel, Mercedes, Diamant, Göricke, Adler, Marathon… Le mie preferite sono una Stukenbrok del 1907 e una Express degli anni Cinquanta». La prima l’ha recuperata negli uffici della polizia berlinese, stracolmi di macchine rubate, smarrite, abbandonate.

Ottocento

 Bici varie_1August Stukenbrok è stato un pioniere del commercio per corrispondenza con sede a Einbeck, nella bassa Sassonia. Le sue erano biciclette solide, eleganti e a prezzi accessibili. Famose per lo slogan “Mein Feld ist die Welt”.

La crisi del 1929 e la scomparsa del suo fondatore mettono in ginocchio l’azienda che nel 1932 è costretta a chiudere i battenti. «Grazie ai cataloghi», racconta Uli, «sono riuscito a recuperare la luce anteriore, la sporta in pelle e una serie di accessori originali, rigorosamente marchiati Stukenbrok. In vent’anni di onorato servizio, ha percorso oltre 4000 km tra parate e rievocazioni storiche. Ora le preferisco la Express più recente».

Nel 1884 a Norimberga, sotto il nome di Velociped-Fabrik Neumarkt, i fratelli Goldschmidt danno vita a una delle prime fabbriche di biciclette a livello europeo. «Quanto ho lavorato su questo esemplare! Forse un intero inverno. Solo per il levriero ho perso una dozzina di ore con il polish».

La curiosità: la bici della DDR
La Diamant è una delle più antiche fabbriche di bici europee. Fondata dai fratelli Nevoigt nel lontano 1885 a Chemnitz – l’ex Karl Marx Stadt – ha iniziato a produrre bici nel decennio successivo, parallelamente a prodotti da cartoleria e di maglieria. Nel Novecento si trasforma in un colosso da 1000 dipendenti noto in tutto il Paese. Tanto che, una volta comprato dalla Opel (1928), rimane un marchio indipendente. Nazionalizzata dopo la guerra, la Diamant diventa la bicicletta del popolo della DDR. Come la Trabant per le automobili. Dopo il 1989 l’azienda è stata privatizzata e attualmente fa parte del gruppo americano Trek Bicycle.

Memorabilia 2

Fahrrad-Klassik-Markt
Oltre al negozio e al Museo ogni settembre Uli organizza una mostra mercato, riferimento per il movimento di appassionati della Germania orientale. Ed è tra gli animatori del gruppo storico “Historische Fahrräder e. V.” (http://www.historische-fahrraeder-berlin.de) – fautori di biciclettate vintage e ospitate in costume ai principali avvenimenti ciclistici tedeschi, come la Sechstagerennen di gennaio.

Il secondo museo
La chiacchierata volge al termine e il negozio è pieno di clienti. Uli sembra diviso tra il parlare ancora delle sue “bambine” o congedarci senza pietà. Siamo all’entrata del condominio, di fronte al portone; a destra c’è il Museo, a sinistra il negozio. Un momento di esitazione e poi la sorpresa: «prima di andare via, vi mostro il secondo museo». Oltre il portone c’è una scala e, dopo dieci gradini, quattro locali stracolmi di bici: finalmente degli esemplari da corsa, foto d’epoca del cicloclub di Spandau e ricambi per almeno tre negozi. Altro che Duran Duran.