A Berlino inizia oggi Lakino, il festival del cinema sudamericano

Un frame di “La Danza de la Realidad” di Jodorowsky
Un frame di “La Danza de la Realidad” di Jodorowsky
Un fotogramma di “La Danza de la Realidad” di Jodorowsky

di Elisa Cuter
(@elisacuter)

Il leggendario Volksbühne di Rosa-Luxemburg-Platz è stato invaso ieri sera dalla cumbia dei Ya Puso la Marrana, che ha accolto gli avventori della proiezione inaugurale del Lakino, il festival del cinema latino americano di Berlino.

Fondato cinque anni fa (inizialmente come festival per cortometraggi) da Martin Capatinta Auca, la manifestazione è cresciuta sempre di più e offre ora oltre a una vetrina europea per i film in concorso, anche un’occasione per i berlinesi di “farsi una vacanza in Sudamerica”, come ha detto ieri il suo fondatore in apertura.

Con circa una ventina tra film di finzione, documentari e film d’animazione, la selezione (qui il programma completo, tutti i film sono in lingua originale con sottotitoli) propone una panoramica del cinema prodotto e girato nel continente, anche se è la stessa offerta così variegata a dimostrare quanto la provenienza sia un criterio molto vago per inquadrare una cinematografia.

Più che altro si tratta dell’occasione per promuovere le opere in Europa e coinvolgere per altre vie spettatori magari poco inclini a circuiti selettivi come quelli festivalieri. Il film scelto per l’opening, El Mudo, dei fratelli peruviani Diego e Daniel Vega, ad esempio, ha già riscosso consensi a Locarno, ma una sua distribuzione nelle sale tedesche è improbabile.

Tra le altre opere in programma da non perdere La Danza de la Realidad, ritorno alla regia del visionario Alejandro Jodorowsky, presentato a Cannes lo scorso anno e l’opera prima di Anna Recalcade Miranda, italo-paraguayana formatasi a Bologna che firma un documentario strutturato come una tragedia sulla vicenda politica del leader Fernando Lugo (Poder e Impotencia, un drama en 3 actos).

Ma gli otto giorni di festival non prevedono solo cinema: fino al 19 ottobre sarà possibile visitare al Neu West Berlin una mostra dal titolo “Borders”. Il venticinquennale della caduta del muro diventa l’occasione per riflettere su altri confini e sulle loro conseguenze drammatiche, in particolare su quello tra Messico e Stati Uniti, barriera invisibile ma invalicabile che divide il sud dal nord del mondo.

Mettere a confronto opere sulla frontiera con quelle di artisti latinoamericani sul muro di Berlino crea un cortocircuito capace di evidenziare come il crollo della cortina di ferro abbia convinto gli occidentali di avere finalmente raggiunto un mondo “libero”. Una consapevolezza pericolosa, che fa passare inosservate tante violazioni dei diritti umani che continuano ad esistere.

Non solo folklore, quindi (che pure non manca di certo: gli argentini Babasonicos suoneranno per la prima volta a Berlino al SO36 il 29 ottobre, mentre il party “D3PUT4M4DR3” dell’11 ottobre al Silverwings Club si preannuncia “caliente”), ma anche e soprattutto un’occasione per riflettere sulla delicata situazione sudamericana, come dimostrano anche le tre conferenze a cui parteciperanno giornalisti, politici e accademici organizzate al Babylon Kino il 7, l’8 e il 10 ottobre sui temi della memoria storica, dell’identità indigena e dello sfruttamento ambientale.

Un’occasione per favorire il dialogo di una comunità molto coesa (pur nelle sue differenti identità nazionali)  come quella latino americana con la Germania. E la massiccia presenza tedesca in sala di ieri sera dimostrava che l’obiettivo è stato raggiunto.

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