The Visual House: Il Padre d’Italia torna a Berlino. Intervista alla sceneggiatrice Josella Porto

di Alessandra Arcieri

In una proiezione speciale curata da Mara Martinoli, torna a Berlino “Il padre d’Italia” di Fabio Mollo, con Luca Marinelli e Isabella Ragonese. Dopo il successo al Babylon lo scorso anno, il Theater O-Tonart di Kreuzberg ospiterà nuovamente la proiezione il 13 luglio alle 20.30. Il  film, scritto da Josella Porto e Fabio Mollo, è una storia di puro amore che supera ogni barriera e ogni pregiudizio, un viaggio non solo geografico, ma di ricerca identitaria ed emotiva, che porta i protagonisti a spogliarsi di dogmi e idee preconcette e ad abbandonarsi con fiducia alla vita.

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La sceneggiatrice, impegnata per tre giorni in una Masterclass presso The Visual House, la scuola di cinema a Berlino, sarà presente alla proiezione e al dibattito successivo.

I partecipanti al workshop di sceneggiatura che si conclude questo mese hanno voluto rivolgere a Josella Porto alcune domande in anteprima.

Giampaolo Cufino: Da chi è nata l’idea originale del film?
Josella Porto: “Il padre d’Italia” è un film molto sincero, nato da una chiacchierata fra me e Fabio (il regista). Siamo molto amici e riflettevamo sulla rispettiva voglia di diventare genitori. Da quelle chiacchiere è nata la voglia di affrontare il tema del film.

Cristina Malimpensa: Considerata la vostra particolare attenzione ai nomi dei personaggi, la scelta di “Ettore” per l’ipotetico padre del nascituro si riferisce all’Ettore della mitologia greca? (N.d.R. citando Zoja, Ettore incarnerebbe l’essenza del “padre” e “patriota” al tempo stesso che, morendo, lascia il posto al successore, dandogli la possibilità di scegliere se arrendersi di fronte alla paura della responsabilità o cedere all’istinto e imparare a sua volta, come ogni generazione, il ruolo di padre).
Josella Porto: Si, è vero ci siamo divertiti un po’ con i nomi. Non c’è solo la citazione di Ettore. Paolo inizialmente si chiamava Giuseppe, poi ci è stato criticato il didascalismo. Era già fin troppo chiaro il riferimento al viaggio che Giuseppe e Maria fanno per trovare un tetto durante il censimento. Abbiamo deciso quindi di chiamare il nostro protagonista Paolo perché un giorno, mentre sviluppavamo lo scalettone, ci siamo detti: “T’immagini un viaggio del genere fatto da Pasolini e dalla Bertè?”. Pasolini non ha mai nascosto la sua omosessualità, ma aveva idee contraddittorie sui diritti dei gay, un po’ come Paolo all’inizio del film. Il nome di Mia è un omaggio alla Martini, invece. Le sorelle Bertè sono patrimonio della Calabria e volevamo omaggiarle!

Il Padre d'Italia Josella Porto
@per gentile concessione Rai Com

Giampaolo Cufino: Qual è il midpoint, il punto centrale della storia?
Josella Porto: È una domanda complessa, che apre tante riflessioni e, dato che arriva da studenti di un corso di sceneggiatura, è giusto dire la verità:  la sceneggiatura de “Il padre d’Italia” prevedeva una prima parte più lunga. La distribuzione ha poi spinto per avere un film più compatto e breve, quindi diciamo che le regole classiche sono state un po’ sovvertite, capita anche questo nel lavoro dello sceneggiatore. L’incidente scatenante è stato molto anticipato e quindi anche il midpoint (la prima volta che Paolo sentiva la bambina muoversi dentro la pancia).
Mauro Paglialonga: In quale momento, dunque, il parere del produttore diventa vincolante sul processo creativo e artistico?
Josella Porto: Dal momento in cui firmi un contratto! La produttrice Donatella Botti ha comprato un soggetto e ha partecipato attivamente a tutte le fasi del film. Non ha mai imposto nulla, ci ha lasciato la libertà creativa di scrivere, ma ci siamo sempre confrontati con lei, dallo scalettone all’ottava stesura della sceneggiatura. Nella scrittura è fondamentale il confronto. Ogni nota per me è un’opportunità per scoprire un aspetto nuovo della storia.

Filippo D’Antoni: Qual è il messaggio del film e come siete arrivati a dare al film il suo titolo?
Josella Porto: Proverò ad essere sintetica, ma la vedo dura! Con Fabio abbiamo fatto una profonda riflessione su cosa è naturale e cosa non lo è. È naturale per Paolo, omosessuale, sentire da subito l’istinto paterno: Paolo lo sente appena incontra Mia, che è una donna incinta. I padri si riconoscono anche quando i figli sono ancora dentro la pancia della madre! La paternità e la maternità non hanno a che fare con la sessualità, è un istinto naturale che si riconosce subito. Ma è naturale anche che una donna come Mia non abbia l’istinto materno. Ci sono tante donne che non vogliono figli, ma questo è il vero tabù di oggi; l’omosessuale che lotta per diventare genitore viene accettato… la donna che dice “non voglio avere figli” si becca un “non è possibile…”, “non è nella natura delle donne…” “allora sei lesbica…”.
Il “contro Natura” per noi è tutto quello che la società t’impone di essere, il “naturale” è accettarti per quello che sei.
Diciamo che il tema del film non è solo l’omogenitorialità. In tanti leggono solo quello, io di solito mi batto per far notare che è la “genitorialità”, non a caso Mia abbandona la figlia. Potevamo scegliere di farla tornare, e invece no. Ci sono due donne che rinnegano la maternità nel film, Mia e la madre di Paolo, ma non tutti si soffermano su questa cosa perché la lettura più semplice è quella di legare il “contro natura” all’omosessuale.
Non a caso, da sempre il sottotitolo del film è stato “Contro Natura”. Per un attimo si è pensato anche di farlo diventare il titolo ufficiale ma poi si è preferito “Il padre d’Italia”, per dare più leggerezza e giocare sulle aspettative del film on the road.

Il Padre d'Italia Josella Porto
@per gentile concessione Rai Com

Giambattista Salis: quanto e come avete giocato col binomio “tradizionalismo/progressismo”?
Josella Porto: Sì, un po’ ci abbiamo giocato, perché pensiamo che il progressismo nasca dal tradizionalismo! C’è una naturale evoluzione.

Giambattista Salis: Sarebbe cambiato qualcosa a livello di messaggio se il viaggio fosse stato dal sud verso il nord (in riferimento ai cliché che conosciamo sul nostro Paese, per esempio: sud=tradizionalista vs. nord=progressista)?
Josella Porto: Il viaggio doveva per forza essere dal nord al sud, perché è un viaggio che ci porta dai palazzoni alti del nord alla natura del sud. I personaggi escono dagli ambienti chiusi e bui del nord, per arrivare al mare del sud. Mia e Paolo, attraverso questo viaggio fanno pace con la loro natura.

Francesco Barigozzi: A chi un aspirante sceneggiatore dovrebbe presentare una sceneggiatura completata, festival, produttori, case di produzione, registi, attori, bandi, Ministero? Quando seguire una strada piuttosto che un’altra?
Josella Porto: Dopo aver frequentato il Centro Sperimentale ho avuto un anno di fermo. Non riuscivo a capire come entrare nel mondo del lavoro. È stata dura. Scrivevo tanto ma non riuscivo a vendere i lavori. Poi ho partecipato al Premio Solinas e, arrivando fra i finalisti, ho cominciato a conoscere i produttori. Il Premio Solinas è un’ottima vetrina. Lo consiglio vivamente. Comunque, onestamente, di cinema indipendente non si vive, quindi se si vuole davvero fare questo mestiere conviene fare un compromesso anche con la narrazione televisiva, che è molto più generosa. In televisione difficilmente comprano un tuo lavoro originale, ma ti danno la possibilità di sviluppare comunque storie e idee. La narrazione è diversa ma, se non ne resti schiacciato, la tv è un’ottima palestra.

Francesco Barigozzi: La sceneggiatura finale de “Il padre d’Italia” ha subìto molte modifiche rispetto alla prima stesura per motivi produttivi?
Josella Porto: Sì, parecchie, ma soprattutto di location. Un esempio: in sceneggiatura, le tappe erano Milano, Bologna, Roma, Napoli, Bagnara, Reggio Calabria e Catania. Per accordi produttivi sono diventati Torino, Asti, Roma, Napoli, Gioia Tauro, Reggio e Messina. Un altro esempio: erano previste molte più scene di nudo di Mia, ma gli effetti speciali (per la pancia di Isabella Ragonese) avevano un costo elevato.

Roberta La Guardia: Come è avvenuto lo studio dei personaggi?
Josella Porto: La verità è che in un certo senso Mia e Paolo siamo io e Fabio! Quindi ci siamo guardati allo specchio. Fondamentale, comunque, è stato il lavoro che poi Fabio ha fatto con Luca e Isabella. In un film come “Il padre d’Italia”, i personaggi vengono anche scritti dagli attori. Pensate che la scena in cui Mia trucca Paolo è stata scritta sul set. Fabio e gli attori stavano discutendo ed è venuta fuori. Naturalmente il regista mi ha chiamato e mi ha chiesto un parere. A me è piaciuta parecchio e il mio compito a Roma è stato delicato, perché dovevo far accettare una scena in più alla produzione e motivarla come indispensabile per la storia. Lo sceneggiatore spesso deve essere un diplomatico!

Il Padre d'Italia Josella Porto
@per gentile concessione Rai Com

Francesco Odoardi: Come è nata la collaborazione con Fabio Mollo?
Josella Porto: Ci siamo conosciuti 14 anni fa al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Io studiavo sceneggiatura e lui regia. Abbiamo scritto tutti i corti realizzati a scuola insieme, poi è stato naturale continuare la collaborazione, finita la scuola. Diciamo che l’intesa è nata da subito. Per presentarsi ai nuovi compagni il primo giorno dovevamo scegliere un film che avremmo voluto scrivere o dirigere e la risposta di entrambi è stata “Una giornata particolare” di Ettore Scola… è stato amore a prima vista, con Fabio!

A questi e ad altri interrogativi sulla professione dello sceneggiatore e sui “dietro le quinte” di questo piccolo miracolo del cinema italiano, Josella Porto risponderà di persona durante la Masterclass-laboratorio che si terrà a The Visual House dal 12 al 14 Luglio. Orari, programma e costi sulla pagina evento della scuola.

Alessandra Arcieri è docente di sceneggiatura a The Visual House – Scuola di Cinema a Berlino

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The Visual House è la scuola di cinema e video in lingua italiana a Berlino. La scuola è diretta da Marco Zaccaria e Roberta Chimera e offre workshops su tutte le attività che riguardano il cinema e il video a chiunque voglia approfondire la propria conoscenza della pratica cinematografica. Tutti i partecipanti ai workshop prendono parte attivamente alla produzione della web series Generation Berlin. The Visual House è partner dell’Associazione Nazionale Film-makers e Video-makers Italiani.