Germania, dark tourism e nazismo: quel turismo che fa paura

dark tourism
Vogelsang. Memoriale per i caduti di entrambe le guerre mondiali Frank Jäkel, CC BY-SA 3.0 DE , via Wikimedia Commons
di Sara Bolognini

Il termine dark tourism è stato coniato dal professore di Glasgow John Lennon, che lo definisce come “l’attrazione per luoghi che rappresentano la disumanità degli essere umani verso i propri simili. Sono posti che mostrano il lato peggiore della nostra specie e continuano ad attirare turisti”.
La Germania è forse la nazione che meglio rappresenta questo turismo oscuro. Possiamo citare come esempio la Casa della Conferenza di Wannsee: un luogo ameno in un’atmosfera rilassante, in mezzo al verde, che si affaccia sul lago calmo. Eppure è proprio in quel luogo che, nel 1942, i nazisti si radunarono per pianificare l’olocausto. Il contrasto fa venire i brividi. E visitare questa bella villa in un’ambientazione altrettanto piacevole, mentre si riflette su quanto accadde in seguito, è indubbiamente una forma di dark tourism.


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La Casa della Conferenza di Wannsee non è l’unica meta di questo tipo, in Germania. Pensiamo per esempio a Vogelsang, dove i nazisti venivano addestrati, oppure al museo costruito dove un tempo sorgeva il Berghof, la casa di Adolf Hitler, in Baviera. Ed è proprio per evitare un certo tipo di turismo “deviato” che la città di Hennigsdorf, nel 2013, si è rifiutata di dare sepoltura alla salma dell’ex ufficiale nazista Erich Priebke.
La questione che gli storici ora si pongono è: meglio lasciare che questi siti vengano distrutti o è piuttosto il caso di trasformarli in un museo in cui si racconti la loro storia? I tedeschi sembrano molto aperti riguardo al loro passato, vogliono essere “trasparenti, responsabili e propensi alla documentazione”, ribadisce Lennon. Ma come ci si deve comportare quando gruppi di nostalgici compaiono in tali luoghi per onorarli? La questione è complicata e controversa ed è difficile pianificare il futuro di questi spazi dalle sfumature indubbiamente macabre.

Colin Philpott, autore del volume The Relics of the Third Reich, fa un’interessante riflessione a riguardo. “Albert Speer, l’architetto che ha progettato la maggior parte degli edifici dei nazisti, parlava di teoria della rovina, del fatto che gli edifici sarebbero crollati con dignità”, spiega. Aggiunge quindi: “Quest’idea si è trasformata in realtà a Norimberga, quando si è dovuto decidere se investire 17 milioni di dollari per evitare che questo tipo di costruzioni crollassero. Tutto ciò è affascinante”.

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