Il caffè in Germania: storia di un’eresia

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di Axel Jürs

Perché il caffè in Germania è un’eresia?

Quando i tedeschi si mettono a preparare l’espresso o il cappuccino diventano pericolosi. Già negli anni Settanta il cappuccino era diventato oggetto di ardita sperimentazione. Si sa che gli italiani lo preparano con espresso e schiuma di latte, ma all’inizio il tipo di caffè usato per l’espresso non era in vendita dappertutto. Allora i tedeschi optarono per il il caffè tedesco, completamente diverso dall’espresso, e lo coprirono non di vera schiuma di latte, ma di panna montata… resta un mistero se lo facessero per nascondere la schifezza sottostante o come protezione contro il clima nordico del loro Paese. Per trovare una “specialità” del genere oggi si dovrebbe andare in una Kneipe, dove è ancora possibile avvicinarsi alla cultura regionale del “caffè tedesco”, che dagli italiani ha ricevuto vari soprannomi. Mia moglie lo chiama “acqua sporca“, definizione radicale che ha una corrispettivo tedesco più debole e  compassionevole, “Blümchenkaffee” o “Boden-seh-Kaffee“. Le due espressioni spiegano in modo spiritoso che l’acqua, nel processo di riscaldamento, ha forse incontrato anche uno o due chicchi di caffè. La parola “Blümchen” significa “fiorellini”, ed evoca qualcosa di totalmente innocuo.

“Bodensee” è invece il nome tedesco per il lago di Costanza e naturalmente, riguardo al caffè, rappresenta un gioco di parole: “Boden-seh”, con la stessa pronuncia e usando le parole “Boden” (il fondo) e il verbo “sehen” (vedere), indica infatti che anche quando il caffé è nella tazza puoi sempre vedere il fondo… e forse anche il fondo del gusto.

D’altra parte per dovere di cronaca, va detto che c’è anche una versione piuttosto forte del caffè tedesco, offerto e bevuto soprattutto negli uffici, o almeno in quelli che non sono ancora stati “colonizzati” dalle macchine per espresso.

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Come si beve il caffè in Germania

Quando si ordina al bar o al Café, la pronuncia della parola è di importanza vitale. Oggi anche i tedeschi, quando usano la parola caffè con l’accento sulla “e” finale, intendono l’espresso. Oppure ordinano direttamente un espresso. Chi vuole prendere un “caffè tedesco”, invece,  chiede un “Kaffe(e)”, mettendo l’accento sulla “a” e quasi deglutendo la “e” finale.
Il caffè tedesco viene bevuto in grosse quantità, come fosse una birra, anche fuori dalla (Stamm-)Kneipe di fiducia. Le grandi tazze che prima erano usate solo a casa (Becher), sono ormai visibili anche all’interno dei bar. Ma i tedeschi sono stati capaci di andare anche oltre. Il dialogo classico che si è sentito per decenni, quando si ordinava il caffè, suona più o meno così: “Einen Kaffe, bitte!” (Un caffè, per favore!), “Tasse oder Kännchen?” (Una tazza o un bricchetto?). Questo tipo di scambio si trova ormai quasi solo nelle guide turistiche e nei vocabolari di sopravvivenza per stranieri, ma ciò non toglie che alcuni Café tradizionali e alberghi ancora osino proporlo.

I berlinesi bevono caffè tedesco letteralmente a fiumi, forse perché devono recuperare l’astinenza vissuta nella seconda metà dell’Ottocento, quando il re prussiano vedeva il caffè come bevanda rivoluzionaria in senso negativo, ritenendo che agitasse troppo la gente. Per questa ragione, dal 1860 in poi proibì prima il consumo e infine la torrefazione del caffè nel suo regno e a questo proposito inviava i suoi emissari per controllare che nelle città e nei paesi il divieto venisse rispettato. I berlinesi chiamavano questi inviati”Kaffeeschnüffler”, perché quei poliziotti seguivano il profumo del caffè per trovare e perseguire sia le torrefazioni illegali che il consumo proibito e anche perché “schnüffeln” in tedesco significa non solo “annusare”, ma anche “curiosare” o “indagare”. Questo tipo di proibizionismo ha avuto un revival nella DDR, quando negli uffici postali dell’est gli uomini dalla Stasi annusavano i pacchetti dell’ovest, per sapere chi dei loro cittadini riceveva, appunto, del caffè.
Chi è cresciuto in Germania negli anni del Muro e della divisione si ricorda ancora di questi pacchetti pieni di caffè, mandati dall’ovest ai parenti all’est.

Dal dopoguerra a oggi

Il “dopoguerra del caffè” all’est durò fino agli anni Ottanta: il caffè dell’ovest, come le sigarette, era utilizzato anche come una sorta di valuta non ufficiale. Comunque, usare la storia della Prussia di Federico II e quella di Erich Honecker come scusa per la scarsa qualità del caffè regionale sembra esagerato ed è inoltre vero che anche in Germania si può ottenere un prodotto non esattamente disprezzabile. Chi è già stato ad Amburgo, nel cui porto si può annusare spesso un buon profumo di caffè, sa per esempio che, anche con una torrefazione diversa da quella italiana, si può ottenere una bevanda discreta invece della “brodaglia riscaldata” nota ai più.


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Oggi il consumo del caffè in Germania e il modo di palarne dimostra spesso un gusto più politico e psicologico che culinario. Alcuni sono diventati puristi e non ammetterebbero mai di aver bevuto una tazza di caffè tedesco in vita loro. Per altri il caffè della nonna, “aufgebrüht” (fatto a mano) con un vecchio filtro, è rimasto la versione autentica e unica di quel caffè che non si trova e di conseguenza non si beve più.
Più difficile risulta la descrizione dei consumatori di caffè sia nell’ambito del lavoro che di comunità private, come per esempio i WG. Ci sono gli “Schnorrer” (scrocconi), che bevono sempre il caffè offerto ma che “si dimenticano” regolarmente di mettere qualcosa nella “Kaffekasse”,la cassa comune per il caffè. Per i tedeschi questo rappresenta un’offesa e un abuso di fiducia che andrebbe evitato, anche se non viene sanzionato. Altri contribuiscono solo con qualche spicciolo o con un pacchetto di caffè tedesco all’anno che prendono in offerta al discount o dall’armadio della nonna, magari eliminando la data di scadenza, perché pochi colleghi sanno apprezare un caffè degli anni ’50 come un vino della stessa annata.


Per diventare un vero “Kaffetrinker”, cioè un consumatore di “Kaffee” tedesco, è necessaria soprattutto una “Kaffeemaschine”, che potremmo definire come una macchina elettrica atta a colorare l’acqua di marrone. Non vanno dimenticati il thermos integrato o il contenitore di vetro e la piastra riscaldante: perché il caffè tedesco non si spreca nè si butta in nessun caso. Si beve tutto!
Certo, c’è chi si rifiuta di bere il caffè avanzato, anche se il vantaggio del caffè tedesco è il fatto che il gusto non possa peggiorare molto, neanche dopo giorni. E in ogni caso. come si fa distinguere il caffè vecchio da quello fresco, cioè fatto da meno di dieci ore? Se dentro c’è già il latte è facile, perché la “scala dei grigi” che appare dopo il secondo o terzo giorno indica molto bene agli esperti il periodo a cui risale il miscuglio.

A tutti gli altri si consiglia di rivolgersi alla storia prussiana per rivitalizzare la tecnica dei “Kaffeschnüffeln” (ci cui abbiamo parlato prima). In poche parole, finché il profumo risveglia lontani ricordi di caffè, si può bere. Altrimenti, per non sprecarne neanche una goccia, si può rovesciare il tutto nel vaso delle piante sul balcone o in soggiorno. In fondo è vero che il caffè tedesco è una sorta di “acqua sporca”. Se le piante non sopravvivono a quel trattamento, è un peccato. Se sopravvivono è un peccato lo stesso, perché in questo modo infatti si scopre che quel caffè forse non era del tutto letale e quindi non era ancora da buttare via. Per tutto il resto c’è il microonde, che vi regalerà l’illusione che il caffè di lunedì scorso sia ancora bello fresco. Come quello di ieri.

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