Teho Teardo & Blixa Bargeld: Nerissimo

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Teho Teardo & Blixa Bargeld by Thomas Rabsch

(di Emanuele Serra Sartori)

A tre anni di distanza da “Still Smiling”, opera prima di Teho Teardo & Blixa Bargeld, è uscito l’8 Aprile in Italia e il 22 Aprile sul mercato tedesco il loro secondo album, “Nerissimo”. Con mio immenso piacere sono tornato ad intervistarli una seconda volta a pochi giorni dalla prima tappa del loro tour promozionale. L’entusiasmo di questo duo e l’aspetto ludico della loro collaborazione mi hanno coinvolto in una piacevole e lunga chiacchierata pomeridiana, in attesa del loro concerto berlinese, che si terrà  il 6 Giugno al Volksbühne.

Auguri per il vostro secondo album!

TT: Danke!

Tre anni fa intervistandovi a Berlino abbiamo parlato delle lingue come di un’ulteriore estensione del corpo. Il vostro secondo lavoro porta il titolo di “Nerissimo”, non solo un colore ma anche un superlativo. C’è forse stavolta la volontá di aggiungere dei suggerimenti piú visivi alla vostra musica?

BB: No. Non credo sia possibile analizzare il disco partendo da questo presupposto. In realtá avevamo scelto un titolo diverso giá due anni fa, in tour, credo dopo la tappa di Torino. In un ristorante, a pranzo, abbiamo deciso che l’album si sarebbe dovuto chiamare “Christian & Mauro” (si indicano a vicenda, sono i loro nomi all´anagrafe, ndr)
TT: Non era “Mauro & Christian”?
BB: No no… era “Christian & Mauro”! (ridono) Una volta terminate le registrazioni ci siamo peró resi conto che il nome non andava bene per il disco, non avrebbe avuto molto a che fare con il suo contenuto. Abbiamo scelto la via classica: chiamare l’album con il titolo di una delle canzoni. Quando abbiamo scritto “Nerissimo” volevamo dimostrare come sia possibile diminuire l’universo di un determinato colore usandolo.

Diminuire l’universo di un colore usandolo?

BB: Sì. Immagina di usare una penna nera fino ad esaurirla. Il principio è lo stesso, volevamo cantare una lista di colori ed avere l’impressione di poterli lasciare del tutto vuoti. Eravamo entrambi d’accordo sulla bellezza della parola “nerissimo” e l’abbiamo scelta come titolo. Ad ogni modo, ripensando all’album, oserei dire che è piú verde che nero. È un album verde! (ride) L’edizione limitata magari la stampiamo su un vinile verde… (ride)

Che approccio avete adottato, stavolta, per impostare le sonoritá del disco? Per “Still Smiling” ricercavate atmosfere da musica da camera. Ho l’impressione che in “Nerissimo” sia presente un’indole piú teatrale. Siete d’accordo?

BB: Mmh… non mi dispiace nessuno dei due accostamenti, ma in realtá non sono abituato a pensare per categorie. È pur vero che per un duo come il nostro la produzione è circoscritta ad un determinato numero di cose. Siamo accompagnati da un quartetto d’archi e da un paio di violoncellisti. Non siamo una band. Mi sa che ci tocca iniziare un crowdfunding per poter ingaggiare un’orchestra… grandiosa… magari con arpe e delle splendide percussioni (ride). Dai, aiutaci ad iniziare un crowdfounding! Questa straordinaria cosa che ho inventato con gli Einstürzende Neubauten.

È vero! L’hai inventata tu su neubauten.org ai tempi di “Perpetuum Mobile”

BB: Giusto. Era per “Perpetuum Mobile” ed abbiamo usato lo stesso metodo anche per i tre album successivi. Solo che erano altri tempi e la parola crowdfunding era ben lontana dall’essere stata inventata. Comunque sì, questa cosa l’abbiamo inventata noi.
TT: Tornando alla musica da camera, una ventina di anni fa sono stato ai Sun Studios di Memphis dove registrava Johnny Cash. Beh, erano in una stanza molto piccola. In fin dei conti si trattava proprio di una cameretta. Quindi il concetto di musica da camera non è troppo lontano dal nostro, è legato a quello di intimitá.
BB : Hai ragione. Ma credo che il nostro repertorio possa essere adattato anche ad una strumentazione piú ampia e dovremmo seriamente prenderlo in considerazione in futuro. L’importante è che non lo facciamo diventare un concerto natalizio… (ridiamo tutti)

La copertina di Nerissimo è la vostra rivisitazione di un quadro del XVI secolo di Holbein il Giovane, “Gli Ambasciatori”

BB: Ci sono delle connessioni tra il quadro e noi. Inoltre non volevo un’altra copertina in bianco e nero che avesse a che fare solo con la fotografia. Quindi ho pensato che piuttosto avremmo dovuto trovare un pittore per farci ritrarre! Solo che poi mi son detto: “this is a very risky business! If we don’t like it, then we are fucked!”. E a quel punto mi è venuto in mente Holbein e “Gli Ambasciatori”. Un quadro che parla prima di tutto di amicizia: due persone si incontrano a Londra, una cittá che per nessuno dei due è casa, poiché sono francesi. Non si sono viste per molto tempo e condividono delle risorse e un credo comune, rappresentato dagli oggetti sul tavolo. Mostrano i loro interessi, le loro connessioni e loro stessi. È un quadro fuori dal tempo in cui è stato dipinto, geograficamente non riconducibile né all’Inghilterra né alla Francia. Ci sono alcune sottigliezze attraverso cui i due personaggi manifestano il proprio dissenso. Abbiamo ricostruito il set e giocato con l’idea di questo quadro. Inoltre, ci piaceva la collisione ottenuta ponendo il Rinascimento vicino al titolo “Nerissimo”. Il Rinascimento è un periodo luminoso, non associabile all’oscuro, come invece si fa di solito con il Medioevo. Il nero e l’oscuro sono nell’angolo in alto a sinistra della copertina. Ci hai fatto caso?

Sì, avete di proposito omesso il crocifisso

BB: Esatto, è lí che è “nerissimo”! Holbein non è l’unico riferimento al XVI secolo. La prima volta che ho ascoltato “Ulgae” ho pensato subito a Pieter Brueghel e a Hieronymus Bosch. (ridono compiaciuti) Non ho ragione? Un dramma in un microcosmo!
TT: Proprio ieri un giornalista ha detto che per descrivere “Ulgae” basterebbe osservare un’opera di Bosch. Mi fa veramente molto piacere, è un’osservazione arguta. Ti ringrazio.
BB: L’idea per “Ulgae” mi è venuta proprio a Roma. Ho iniziato a scrivere di un micromondo chiamato Insecretia.
TT: Da secrezione.
BB: Dopo anni di appunti ed idee su questa fantomatica nazione Insecretia, sono giunto all’idea di scrivere su un mondo di batteri e virus in una piastra di Petri. Cosí è nata “Ulgae”.
Stamattina ho svegliato la mia ragazza facendole ascoltare “Ulgae”. Sua madre è professoressa di biochimica in un’universitá di Berlino ed ora siamo seriamente preoccupati per il futuro di tutte le piastre di Petri nel suo laboratorio. (ridono) Quando abbiamo finito di registrare “Ulgae”, a Berlino, il nostro sound engineer Boris Wilsdorf ha detto: “Molto bene, ma mi chiedo quanto di te possa esserci in un pezzo simile”. In Germania mi accade spesso di essere criticato, perché tutti si rifiutano di accettare il fatto che anche io ho un po’ di senso dell’humor. Il modo in cui vengo compreso è molto diverso , in Italia e in Germania.
TT: Ti senti piu compreso, in Italia?
BB: Non necessariamente piú compreso, diciamo che si conferisce molta meno importanza ai pregiudizi che mi porto dietro. In Germania devo convivere con il peso sproporzionato del mio passato. È ridicolo, in Italia è piú facile. Qui non mi sento sovraccaricato da tutte le cose che ho fatto negli ultimi 25 anni.
TT: Qui in Italia sei comunque molto conosciuto, sin dall’inizio della tua carriera.
BB: Ma nessuno nelle interviste tira fuori la storia del risotto al nero di seppia che ho cucinato in un programma televisivo… per esempio.
TT: Il giornalista che ci ha intervistati prima ha visto il tuo primo concerto con gli Einstürzende Neubauten a Roma addirittura nel 1982.

Anche io ho visto il mio primo concerto dei Neubauten a Roma, ma a 18 anni nel 2004

BB: Il problema non è una discrepanza tra la mia opera presente ed il mio lavoro passato. Il problema è che le leggende e il gossip che mi ruotano attorno mi annoiano e vengono prese troppo seriamente.

Torniamo alle canzoni e parliamo di “DHX2”. Anche qui, come in copertina, si gioca sulla situazione generale e sul dettaglio. La canzone parla di un uomo ricoverato, ma l’attenzione è rivolta al funzionamento di un macchinario ospedaliero. Questo dualismo è un po’ il leitmotiv dell’intero album?

BB: Assolutamente sì.
TT: Dal dettaglio al cosmico.
BB: Come hai fatto a capire che la canzone parla di un uomo ricoverato? La maggior parte delle persone cerca DHX2 su Google e crede che la canzone parli di pezzi di ricambio per biciclette. Tu invece dici che parla di un uomo in un ospedale. Quell’uomo ha scritto l’album e sono io.

E sei stato in ospedale?

BB: Sì. La prima volta quando sono nato. (ride)

Ed anche dopo esserti rotto la gamba cadendo dal palco dell’Auditorium di Roma!

TT: Per quell’episodio posso testimoniare io. Ed un’altra volta quando eravamo a Trieste…
BB: Ahh, a Trieste sono finito su un riccio di mare.
TT: Mi ha chiamato di mattina presto: “we should go to the hospital. My feet. Ricci di maaare!” (risate)
BB: Da quel giorno pianifico la mia grandiosa rivincita sui ricci di mare… appena li trovo li compro e li cucino. Ma tu sai quanto è difficile trovarli a Berlino.

È praticamente impossibile

BB: Di recente li ho trovati da “Frisches Paradies” a Friederichshain. Li faccio con gli spaghetti o semplicemente crudi con un po’ di succo di limone. Sono abbastanza freschi, ma si fa prima ad ordinarli in un buon ristorante giapponese.

Noi tre finiamo sempre a parlare di cibo. Anche la volta scorsa è andata cosí

BB: Perché siete italiani! Mi succede sempre con gli italiani e con i giapponesi. In autunno andremo in tour anche in Giappone. Ed anche lí continueremo ad attuare il nostro piano di rivincita contro i ricci di mare.

Quando vi ho visti l’ultima volta dal vivo, al Volksbühne, mi hai detto che avevate in programma di scrivere altre canzoni sui pesci, ma vi siete fermati a “Milion of Eels”. Peccato, dovreste scrivere piu canzoni sui piatti a base di pesce…

BB: Teho mi propone sempre canzoni sui pesci ed io devo negoziare. Vorrei registrare “Million of Eels” con una voce da documentario scientifico della BBC. Non ho l’accento “british” adatto. Forse un giorno ce la faremo. In realtá non ho mai scritto canzoni su pietanze o ricette.

Hai scritto “Scampi alla Carlina”, con gli Einstürzende Neubauten

BB: Non conta perché è un pezzo strumentale.
TT: Nel nostro ultimo album c’è un pezzo chiamato “Animelle”
BB: Ma non parla di cibo. Quando mi hai proposto il titolo non mi hai detto che le animelle sono interiora. L’ho scoperto durante le interviste, quando i giornalisti mi chiedevano come mai ad un tratto avessi iniziato ad occuparmi di trippa… (risate) La canzone invece parla di spiriti.

Nel singolo “The Beast” e in “The Empty boat” si fa invece un’analisi piú intima. In una si descrive il dominio di un ego irriverente e nell’altra la sua totale assenza

BB: Non sono il responsabile del testo di “The Empty Boat” perché, come sai, è una cover di Caetano Veloso. In realtá non posso ritenermi nemmeno pienamente responsabile di “The Beast”, perché l’ho scritta quando ero totalmente ubriaco. Mi sono svegliato il giorno dopo ed ho trovato questi appunti apparentemente insignificanti, scritti a quanto pare la notte precedente. Mi piaceva questa luciditá alcolica, che è un po’ il motivo per cui, a volte, chi scrive è anche solito bere.

Il video non è altro che l’animazione della copertina, ma i movimenti sono ridotti al minimo. Ha un effetto totalmente diverso, oserei dire piú ipnotico. Teho, tu sei rimasto immobile e senza chiudere gli occhi per quasi un minuto

TT: Quando ho inviato l’anteprima del video a Blixa era molto deluso, perché pensava avessi utilizzato Photoshop! Ho fatto vedere il video anche al mio amico Paolo Sorrentino e gli ho detto: “se nel tuo prossimo film hai bisogno di qualcuno capace di rimanere immobile, posso farlo io!”. Potrei avere un futuro come attore, anche se Blixa ancora è un po’ incredulo.

Blixa, non è la prima volta che non ti muovi in un video musicale

BB: No, l’ho giá fatto in “The Garden”. È lo stesso principio: no editing, una sola ripresa, niente movimenti. Nothing! Un video ridotto all’osso. Prima di essere una scelta artistica è una scelta pragmatica. Per realizzare una copertina si allestisce un intero set, perché non approfittarne per girare un video? Per “Stella Maris” impiegammo un’intera giornata e alla fine decidemmo di girare anche “The Garden” in soli cinque minuti. Per “The Beast” abbiamo fatto la stessa cosa. Avremmo potuto fare il video di tutto l’album cosí! (ridono) Hai mai visto i film di Tsai Ming Liang? Delle volte le telecamere sono immobili per quasi tutto il film ed apparentemente nelle scene non accade nulla. Un regista meraviglioso, sicuramente tra i miei preferiti. Mi viene in mente la scena della ballerina nel corridoio in “The Hole” in cui non si può non apprezzare un certo tipo di tecnicismo nell’uso del tempo. Dietro al nostro video forse si nasconde un po’ anche quel riferimento. Sono certo che un copione di Tsai Ming Liang è lungo al massimo quattro pagine per due ore di film. Da noi sarebbe al massimo una riga per cinque minuti di video.

Come state impostando i prossimi concerti? Avete lo stesso genere di accompagnamento del tour precedente?

TT: Qualcosa di simile, ma con l’aggiunta di un clarinetto basso e di un clarinetto baritono. Il quartetto d’archi suonerá in piú pezzi rispetto al passato.
BB: Ed abbiamo molte campane. (Teho mi indica le campane) Le campane vengono da Berlino.

Il prossimo concerto a Berlino sará a giugno

TT: Sì, di nuovo al Volksbühne.

Allora ci rivediamo lí.