Unconventional Berlin Diary: la vita è una merda e poi muori. E io ho anche l’asma

la vita e una merda

“Merda! Ma non ce l’hai la patente?”. L’ho urlato sull’autobus, all’indirizzo dell’autista, che aveva appena frenato a secco dopo una serie di manovre singhiozzanti.

“Merda” ha ripetuto divertito un bellissimo vecchio dagli occhi azzurri, poi si è alzato per scendere poco dopo Yorckstraße e passandomi davanti mi ha detto, sfoggiando una faccia e un’espressione che sarebbero piaciute sia a Tarantino che ai fratelli Coen: “è la vita che è una merda e alla fine muori!”. Io conoscevo la frase “la vita è una STRONZA e alla fine muori”, ma il concetto è quello e resta saldo.

La vita è una merda e se hai l’asma è peggio

A riprova di questo, in un mese il mio corpo si è improvvisamente ammutinato, costringendomi a reiterati pellegrinaggi da una serie di medici che mi hanno diagnosticato malanni già noti e nuove patologie. Questo certifica in via definitiva la mia appartenenza a una gloriosa stirpe di “pentole rotte”, come diceva mia nonna. Ho anche perso peso e ho le occhiaie di Marcel Proust sul letto di morte.

La mazzata finale è stato uno spaventoso attacco d’asma che mi ha quasi accoppata, mentre guardavo al pc una pièce teatrale con Johnny Dorelli e Paola Quattrini, una banale commedia degli equivoci ambientata in un albergo e animata da mariti fedifraghi, mogli più o meno cornute e colpi di scena prevedibilissimi. Mentre annaspavo cercando i miei farmaci salvavita, ho pensato che in caso di crisi fatale il mio coinquilino e chitarrista mi avrebbe ritrovata in una probabile pozza di piscio e vomito. Morta guardando Johnny Dorelli. Anvedi che rockstar!


frankfurter allee

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Alla fine, con l’aiuto del cortisone, sono riuscita a risucchiarmi in corpo qualche sorso d’aria, ma la situazione è ancora gravemente compromessa. Il vero problema, a parte essere diventata un’unica mucosa iperreattiva nelle vie aeree superiori e quindi ipersensibile ai soffioni, alla polvere, ai gatti e praticamente a qualunque allergene, è che a breve ho una serata e dovrei cantare. Con la voce di Alvaro Vitali, probabilmente. Al momento suono più o meno così, sui toni alti, e come Amanda Lear, sui toni bassi. Potrei inserire “Tomorrow” in repertorio e buttarla sull’ironia, ma in questo momento, più che ironica, mi sento aggressiva e distruttiva.

Per esempio, avrei voglia di salire dalla sudamericana del piano di sopra, che al nostro ingresso nel nuovo appartamento venne a darci il benvenuto comunicandoci che “qui in Germania abbiamo delle regole“, per dirle che i saltelli di sua figlia e i gorgheggi di suo marito tenore hanno rotto, così come la sua spocchia e la sua xenofobia interiorizzata. Ok, al momento sono afona, ma potrei aiutarmi con i gesti. Dopotutto sono italiana, creativa e incazzata. Che bello sarebbe. Magari mi attivo davvero. Per il momento lo immagino soltanto, mentre scivolo in un dormiveglia prodotto dalla chimica e da tanta stanchezza. In un ultimo fade out, la storia della mia vita.

Colonna sonora: “A little late”– Skating Polly

Machete

Machete vive a Berlino dal 2013.
Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.
A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.