Westfalen-Blatt e il consiglio omofobo sui giornali tedeschi

Photo by phobus
Homophobic photo
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di Mirea Cartabbia

La scorsa domenica 17 maggio, proprio lo stesso giorno in cui si celebrava la Giornata internazionale contro l’omofobia, la sociologa Barbara Eggert, curatrice della rubrica del Westfalen-Blatt intitolata Guter Rat am Sonntag, letteralmente un buon consiglio di domenica, ha scatenato le ire della comunità omosessuale e non solo.

Nella rubrica la sociologa risponde ad alcune delle domande di diversa natura che vengono inviate al giornale nel corso della settimana. La polemica è nata perchè Bernhard, quarantatreenne padre di famiglia, ha chiesto se sia il caso di portare le sue due figlie di sei e otto anni al matrimonio del fratello omosessuale. Il padre esprime preoccupazione perché, insieme con sua moglie, ha scelto di educare le bambine tradizionalmente e teme che il matrimonio possa metterle di fronte alla questione dell’orientamento sessuale troppo presto.

La sociologa risponde dando ragione al padre. Il matrimonio di una coppia omosessuale non è mai facile da organizzare e le figlie potrebbero forse uscire confuse e turbate dall’esperienza, dice la Eggert.

Il consiglio è stato twittato da un utente indignato, e la foto ha provocato subito la reazione del web contro l’autrice ed il Westfalen-Blatt con commenti furiosi o ironici.

La redazione del giornale ha subito risposto con un comunicato, dove seppur scusandosi sostiene che l’episodio non sia altro che un errore ed un malinteso dovuto ad una cattiva scelta editoriale: il consiglio sarebbe stato infatti tagliato così da far sembrare le parole dell’autrice generali, mentre ella si rivolgeva specificamente alla famiglia in questione. Nella versione completa della rubrica, disponibile sotto alla presa di posizione del Westfalen-Blatt e leggibile qui, è scritto infatti: «Altri bambini può essere che siano stati cresciuti in maniera più liberale. Le vostre figlie sono state educate diversamente.».

L’autrice stessa è subito entrata nel dibattito ed ha risposto alle accuse dichiarando: «Io gli ho scritto che le sue figlie forse non sono state cresciute in maniera abbastanza liberale e gli ho consigliato di cercare un dialogo aperto con suo fratello, per spiegargli le sue ragioni. La mia opinione è che tutti gli uomini debbano essere presi sul serio e rispettati, anche e soprattutto quelli che la pensano in maniera diversa, tutti gli altri mi sembrano intolleranti.»

Il polverone mediatico e l’opinione pubblica si sono concentrati maggiormente sul giornale e sulla giornalista. Forse però sarebbe giusto anche provare a ragionare sul comportamento di Bernhard, il padre che ha fatto la domanda e fratello dello sposo.

A parte la breve lettera al giornale non si hanno a disposizione altre informazioni su di lui e questo rende sicuramente difficile cercare di delinearne un profilo. Però è lecito pensare che sia in buoni rapporti con il fratello, non solo perché è stato invitato al matrimonio, ma anche perché Bernhard stesso definisce, nella lettera che invia al giornale, il fratello ed il compagno come due «uomini meravigliosi». È lecito anche supporre che le nipotine abbiano un buon rapporto con lo zio, perchè non solo le ha invitate al matrimonio ma ha anche chiesto loro di lanciare i fiorellini sugli sposi, sempre stando a quanto è scritto nella lettera. Davvero quindi queste due bambine non erano a conoscenza del fatto che lo zio anziché avere una fidanzata, aveva un fidanzato? Davvero il matrimonio potrebbe turbarle così tanto?

Bernhard non sembra un bigotto o un omofobo, ma solo un rappresentante della categoria tanto diffusa oggi del “sì, io non ho niente contro ma…”. In questo caso a seguire il ma ci potrebbe essere un’affermazione del tipo: non voglio che le mie figlie pensino che una relazione come quella di mio fratello sia naturale.

Un episodio come questo fa meno rumore di un pestaggio o di un insulto diretto ma allo stesso tempo è molto più pericoloso perchè maschera, dietro finta tolleranza, un’intolleranza ancora maggiore, quella di una società che si finge aperta ma…