“Tra spie e censura, vi racconto com’era suonare rock e punk nella DDR”: intervista a Ronald Klein

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I Sandow, storica band rock della DDR. Sandow-Presse

Ronald R.Klein, scrittore, drammaturgo e regista nato a Berlino alla fine degli anni settanta. Tra il 1999 e il 2014 è curatore della rivista culturale Libus. Ha approfondito la storia delle band ai tempi della DDR ed è l’autore di “Sandow”, libro sull’omonima band uscito nel 2014.

Ciao Ronald. Entriamo subito in argomento… com’era il rock ai tempi della DDR?

Quando il Murò crollò ero un ragazzino, ero già stato a diversi concerti, ma erano noiosi, l’atmosfera era poco coinvolgente, l’impressione era che nulla si muovesse e nulla potesse cambiare. A casa non ascoltavamo mai la musica della Germania Est.

Mio padre lavorava  in ambito culturale, conosceva molti artisti e spesso ci capitava di partecipare a feste in cui li incontravamo. Realizzai molto presto quanto fosse difficile la loro condizione, perché i testi erano soggetti a censura e la cosa mi sembrò subito innaturale… non dico di essere un ribelle per natura, ma non mi piacciono regole e restrizioni. Per questa ragione preferivo ascoltare le radio della Germania dell’Ovest e molta musica inglese e americana. Ero affascinato dal fatto che suonasse totalmente diversa da quella che conoscevamo noi.


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Quali erano i tuoi artisti preferiti, all’epoca?

A dieci anni ascoltavo gli Europe e gli A-ha, a undici i Guns’n’Roses, a dodici i Public Enemy e poi cominciai con il metal estremo. Come ti dicevo non ho mai sentito le radio della Germania Est, ma c’era un’eccezione, la DT64, che organizzava anche un grosso festival e aveva due programmi molto belli. In uno, chiamato “Duet”, ci facevano sentire interi album che io ero solito registrare e poi il sabato c’era un programma metal, in cui passavano gruppi speed metal o death metal e io ne andavo pazzo!

Dopo la caduta del Muro cominciai ad ascoltare musica punk e mi colpì immediatamente per la sua forza politica, perché essere cresciuto nella DDR e aver frequentato amici abituati a contestare il sistema mi aveva reso particolarmente sensibile al pensiero critico. In più ero mortalmente annoiato dal pop e da tutto il suo alone “glamour”, mentre questa nuova musica era imperniata sulla ribellione. Per quanto riguarda i gruppi dell’Est il mio interesse fu catturato da band come i Sandow o i Feeling B e ogni weekend assistevo ai loro concerti. Il mio interesse diminuì dopo il diploma, perché sembrava che nessuno avesse più niente di nuovo da dire. Non dico che queste band fossero nostalgiche, ma non c’era una vera evoluzione.

Cosa accadde a quel punto?

Me ne andai in Inghilterra per un po’. Lì tutto era diverso, dalla musica allo stile di vita, molto più edonistico che a Berlino. Tornai dopo circa dieci mesi e la prima cosa che pensai fu: “È davvero questa la mia città?”. Non la riconoscevo, i vecchi punti di riferimento erano spariti, la musica era cambiata, invece dei vecchi club ricavati nelle cantine c’erano gli stessi bar che potevi trovare ad Amburgo, a Monaco o a Colonia.

In questa circostanza ebbi modo di conoscere personalmente uno dei Sandow. Mi aggiravo  spaesato e confuso nei pressi di  Rosa-Luxemburg-Straße e un mio amico mi propose di andare in questo bar, che in realtà non era proprio “convenzionale”, ma un ex appartamento di proprietà del chitarrista della band. È così che lo incontrai. Gli chiesi: “Sei uno dei Sandow giusto?” e lui “Sì. Sediamoci e beviamoci una vodka!”. Ce ne scolammo una bottiglia e chiacchierammo tutta la notte. Fu un momento interessante, uno scorcio della vecchia scena che stava completamente sparendo…

La copertina del libro
La copertina del libro

Quindi incontrare questa persona fu come tornare a casa?

Direi proprio di sì. Naturalmente Berlino era in costante trasformazione dopo l’abbattimento del Muro, ma essere stato assente per dieci mesi mi fece percepire ancora di più il cambiamento e la cosa in parte mi destabilizzò… non è che avessi esattamente nostalgia di casa, ma mi mancavano luoghi e rituali che facevano comunque parte di me. Credo che sia un fatto legato al superamento della pubertà e al percorso con cui negli anni ritrovi te stesso.

Torniamo alle band della DDR.

Moltissime sono purtroppo gradualmente cadute nel dimenticatoio dopo il 1989, perché la percezione collettiva le ha associate a un contesto non più attuale. In questo senso i Sandow dissero di non volersi più riferire a un pubblico che non esisteva più, ma furono comunque molto discriminati perché i media, che tendenzialmente vivono di categorie, continuarono ad identificarli con un mondo sul quale stava calando l’oblio.

I Rammstein sono invece scampati al rischio di questo stigma, perché non si sono mai presentati come degli ex punk di Berlino Est, ma semplicemente come una band genericamente tedesca e praticamente senza passato. Dal punto di vista del mero marketing fu estremamente intelligente, perché in effetti sono i soli sopravvissuti di quel vecchio circuito musicale, a cui nessuno peraltro li associa più. Ne ebbi la prova nel 1999, quando mi capitò di assistere a una discussione pubblica sul tema condotta da un giornalista piuttosto famoso, che li definì dei “teppisti di Marzahn senza un vero background culturale”. Restai di stucco, non potevo credere che potesse ignorare così tanto la storia degli artisti di cui stava parlando.

In che clima si muovevano, queste band, prima della caduta del Muro?

Allucinante. Gli agenti erano dappertutto, quello che non intuivi, però, era fino a che punto potessero essere vicini a te. Negli anni novanta, dopo che molti documenti segreti vennero aperti ed esaminati, saltò fuori che la Stasi infiltrava degli informatori anche nelle lineup delle band.

Un caso eclatante fu quello di un gruppo dello stesso circuito dei Feeling B e che come i Feeling B aveva al suo interno due futuri membri dei Rammstein. Si chiamavano i Die Firma e tutti pensavano fosse un nome assolutamente “cool” e provocatorio, perchè “die Firma” era il modo in cui normalmente ci si riferiva ai servizi segreti. Qualche anno dopo la caduta del Muro venne fuori che due musicisti della band collaboravano con la Stasi e fornivano informazioni sugli altri e sui loro parenti.

Come si comportava la Stasi nei confronti delle band che controllava?

Non sempre le informazioni raccolte producevano una reazione repressiva. Questo accadeva in parte perché la Stasi usava le band per controllare anche la loro fanbase, in parte perché i funzionari non parlavano inglese e non potevano quindi comprendere il potenziale eversivo di alcuni testi o simboli stranieri.

Non sto scherzando. Nel 1988 venne passato in radio un album dei Guns N’ Roses chiamato “Lies” e uno dei brani recitava testualmente: “Negri e polizia, state alla larga da me!”. Io pensai: “Mio Dio, tutto questo è così razzista! E poi quel riferimento alla polizia non passerà di certo inosservato!”. Invece nessuno lo censurò, per il semplice fatto che nessuno lo tradusse.

Come è possibile che un sistema che si proponeva di esercitare un controllo tanto capillare non riuscisse a procurarsi degli interpreti?

Esatto, è davvero incredibile. Hai presente Erich Mielke? Era il capo dei servizi segreti, aveva l’ossessione del controllo totale e intorno al 1983 fu il responsabile di un clamoroso “giro di vite” che portò ad una lunga serie di arresti di punk a Berlino. Disse esplicitamente: “Non voglio più vederli in giro per le strade”.

Così, se avevi anche solo i capelli colorati e te ne andavi in giro per Alexanderplatz, rischiavi di avere problemi con la polizia. Ebbene, nel 1985 questa persona, nel descrivere e stigmatizzare le sottoculture giovanili, fece riferimento agli “shehands”, perchè non sapeva pronunciare la parola “skinheads” e fondamentalmente non sapeva neanche cosa significasse.


Photo by manhhai
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C’erano molti skinhead a Berlino?

Nel 1980 erano piuttosto numerosi e molti erano neonazi. Una volta stavo andando a casa di mia nonna, erano circa le 20.00 e a quei tempi per le strade di Berlino Est a quell’ora non c’era nessuno, erano tutti a casa a guardare la televisione. Io avevo nove anni ed ero in metropolitana, quando a un tratto vidi arrivare circa quindici neonazi che alzavano il braccio e pensai che fosse assolutamente assurdo.

C’è da dire che anche molti skinheads di sinistra facevano il saluto nazista per provocare il senso comune, ad ogni modo mi spaventai molto e negli anni successivi vidi altri estremisti di destra e piuttosto spesso. Alcuni dicono che molti tedeschi dell’Est divennero di destra dopo la caduta del Muro, a causa della disoccupazione, ma non è assolutamente vero. Magari la tendenza può aver subito un incremento dopo il 1989, ma di sicuro il fenomeno c’era anche prima.

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La Zionskirche. Von Ansgar Koreng / CC BY-SA 4.0, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44877594

Nel 1987 nella Zionkirche di Prenzlauerberg ebbe luogo una gig di una band della Germania dell’Ovest, gli Element of Crime. A un tratto fecero irruzione circa cinquanta neonazi e cominciarono a picchiare chiunque. La Stasi era fuori dalla chiesa e non fece assolutamente nulla, forse perché “finalmente” qualcuno stava pestando i cosiddetti ribelli. Incredibile.

Alcuni sostengono che il sistema conoscesse e addirittura usasse i movimenti di estrema destra attivi in quegli anni, ma io credo invece che non fossero troppo perseguiti perché chi avrebbe dovuto decidere in questo senso sceglieva di non vedere o era troppo poco lungimirante per capirne il potenziale pericolo.

Nessuno protestò o parlò di questo inquietante fenomeno?

Adesso ti dico una cosa. I Namenlos, una band punk, scrissero un brano su questo tema, sostanzialmente dicendo: “Abbiamo di nuovo dei nazisti per le strade di Berlino “. Secondo te cosa successe a quel punto? Cosa fecero le autorità? Qual è la tua ipotesi?

Beh, considerando che vivevate sotto un regime comunista immagino che l’anti-nazismo non fosse considerato qualcosa di sbagliato.

Errore, andarono in prigione per due anni! Vennero accusati di infangare la reputazione della DDR sostenendo che ci fossero degli estremisti di destra in un sistema comunista. È assurdo, ma purtroppo è tutto vero!

Interagivano così tanti elementi, in quegli anni: il sistema, i contestatori, i punk, gli estremisti di destra e le persone comuni…

Esattamente. E sono le profonde connessioni tra questi elementi a non essere considerate, quando si parla delle sottoculture della Germania Est.

E di sicuro anche la musica di quegli anni riflette l’unicità di un contesto particolarissimo.

Forse la mia risposta ti deluderà, ma in realtà quello che c’è stato nella Germania della DDR non era completamente scollegato dal resto del mondo. Quando ho fatto più ricerche in questo senso ho scoperto che molti simboli del punk dell’Est richiamavano gli albori del genere nella Germania dell’Ovest mescolati con altre influenze, ma con una sorta di “effetto delay”.

Ricordo che mi trovai a parlare con uno dei membri di una band industrial inglese, che per un periodo visse a Berlino e collaborò anche con i Sandow. Gli dissi che quando vivevo in Inghilterra alcuni luoghi mi ricordavano la Germania… non mi riferisco a Londra, ovviamente, ma ai contesti più grigi e industriali. Anche la musica che ascoltavo in quei circuiti mi ricordava il punk dell’Est. La conclusione fu che forse la musica indipendente della Germania dell’Est suonava come una malinconica band inglese.

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Erich Fritz Emil Mielke, politico e generale della DDR e tra i fondatori della Stasi. Di Bundesarchiv, Bild 183-R0522-177 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5368048

In che modo il linguaggio delle punk band della DDR era politico?

In parte era assolutamente politico, legato a slogan e a logiche di contestazione e liberazione. Tuttavia tra il 1979 e il 1983, prima della svolta repressiva di Mielke, c’erano band che erano punk semplicemente nel senso che i loro membri amavano provocare gli adulti e la società tagliandosi i vestiti, tingendosi i capelli o sfoggiando piercing. Io direi che in questo caso la “punk attitude” era più un fatto di ribellione adolescenziale che una questione politica, qualcosa di simile alle provocazioni dei beatniks in altri tempi.

Il punto è che fino agli anni sessanta la visione della società era rimasta quella del diciottesimo secolo, quando non esisteva ancora il concetto di “gioventù” e si passava direttamente dalla condizione di “piccolo adulto” a quella di “adulto”. Qui in Germania furono Goethe, Schiller e lo Sturm und Drang a rivoluzionare tutto, come a dire “Siamo qui e abbiamo altri ideali… fuck you!”.

Friedrich Schiller. Di Ludovike Simanowiz – Neue Deutsche Biographie, hrsg. von der Historischen Kommission bei der Bayerischen Akademie der Wissenschaften durch Hans Günter Hockerts, redigiert von Franz Menges, Bernhard Ebneth, Stefan Jordan, Claus Priesner, Maria Schimke und Regine Sonntag, 22. Band: Rohmer-Schinkel, mit ADB & NDB-Gesamtregister auf CD-ROM, zweite Ausgabe; Verlag Duncker & Humblot, Berlin 2005, XVI und 816 S., ISBN 3 428 11203-2 bzw. 3 428 11291-1http://idw-online.de/pages/en/image18163, Gemeinfrei, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23428

Quindi il punk parte da Goethe e Schiller…

Il punk nasce dalle istanze di ribellione che i giovani hanno espresso per 160 anni in Europa, sperimentando nuovi stili di vita e nuove strade. La Germania dell’Est ha cercato di combattere tutto questo con ogni mezzo e i giovani “ribelli” sono stati considerati pericolosi dagli insegnanti, dalle famiglie e dalla società. A quattordici o quindici anni di sicuro non pensavi di essere un terrorista o un nemico dello Stato per il fatto di tingerti capelli o andartene in giro bevendo birra, ma di fatto questo diventavi, nella percezione collettiva.

Oltretutto nel nostro particolare contesto non esistevano vie di mezzo o sfumature, eri un amico oppure un nemico ed eri un amico se facevi solo quello che ci si aspettava da te. Ricordo a questo proposito episodi che si legano ai tempi della scuola. In genere ci chiedevano di donare soldi per i bambini di altri Paesi comunisti. Il figlio dei vicini non lo fece e interrogato sulle ragioni disse che i genitori avevano già fatto una donazione per i poveri alla Chiesa. Venne disapprovato e guardato con sospetto, perché non aveva eseguito alla lettera quello che ci veniva normalmente richiesto.


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Qual è stato il destino delle band della DDR?

Nell’ambito della mia attività ho intervistato circa trenta o quaranta musicisti di quel circuito. Molti di loro avevano bisogno di un nemico come la DDR per funzionare, ma altri avevano davvero un talento innegabile. I Sandow, che a mio avviso erano molto di più di una band “di contesto”, sopravvissero qualche anno e si sciolsero nel 1999.

Nel documentario “Flüstern & schreien” si esprimono in modo davvero radicale, parlano di cambiamento politico totale e spesso si lasciano andare a provocazioni intenzionali, ma questa era proprio una loro caratteristica. Quando un noto settimanale per teenagers, “Bravo”, li contattò perché voleva dedicare loro uno stage report, la band reagì a pugni in faccia…

In senso letterale o metaforico?

Un misto delle due cose… ad ogni modo molte di queste band non erano consapevoli del potere dei media. Prima che il Muro cadesse rifiutavano ogni contatto con la stampa, che consideravano simbolo del sistema, in seguito continuarono con questo atteggiamento e commisero un errore, perché scivolarono rapidamente nel dimenticatoio.

Naturalmente c’è anche un’altra ragione dietro al loro declino. Prima della caduta del Muro, infatti, le band della DDR rappresentavano il desiderio di libertà che le animava e che è in ognuno di noi. Successivamente si preferì ascoltare i Ramones o i New Orders e si perse interesse verso quelle che in molti casi erano percepite come pallide imitazioni.

Altre considerazioni su queste band?

Forse mancavano un po’ di ironia… o forse dovrei dire che l’ironia dell’Est era molto particolare, diversa da quella degli artisti dell’Ovest e sicuramente meno immediata, perché a suo tempo doveva aggirare i controlli della censura. I Rammstein sono un ottimo esempio di questo tipo di ironia indiretta, anche se vengono presi molto sul serio.

Se ascolti “Mein Land”, per dirne una, hai l’impressione che brano e testo suonino decisamente minacciosi, ma se li sovrapponi al video, molto divertente e comico, ti rendi conto che c’è un altro livello interpretativo, fatto di simboli che suggeriscono altro. Il cantante infatti indossa dei pantaloncini che riproducono la bandiera della Svizzera, che è un ottimo esempio dell’atteggiamento di cui si parla nel ritornello e che di sicuro si critica. Questo modo obliquo di scherzare era tipico dei tedeschi dell’Est.

Anche “Born in the GDR” dei Sandow è un brano apparentemente serio, ma di fatto prende in giro il sistema.

“Born in the GDR” ha moltissime cose in comune con “Born in the USA”, in primis il fatto di avere un significato opposto rispetto a quello apparente. “Born in the USA” venne addirittura usata dai repubblicani per una delle loro campagne e Springsteen chiamò per dire che in primo luogo non aveva autorizzato la cosa e in secondo luogo che era contro la loro politica.

Quanto a “Born in the GDR”, il brano ebbe molti problemi sotto il regime. Metafore come “Vogliamo avvicinarci al confine e superarlo” erano un po’ troppo per la DDR. All’inizio i Sandow lo registrarono per la radio ed ebbe molto successo. Quando la band si preparava ad entrare in studio per inciderlo ufficialmente all’interno di un album, la stessa etichetta pose il veto per paura delle conseguenze.

Una censura preventiva!

È così che funziona. Non hai neanche più bisogno di essere censurato, quando impari a censurarti da solo.

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