8 del mattino, Friedrichsfelde Ost

© Andreas Lehner / CC BY 2.0
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di Valerio Polani

8 del mattino. Friedrichsfelde Ost. Il suono delle porte in chiusura di una S-Bahn che sta per ripartire.

Un flash.

Paul Kalkbrenner, Berlin Calling, le psicotiche scene di quel film e la brulicante vita delle notti berlinesi.

Cammino.
Lascio la stazione alle mie spalle. Non sono solo, il mio coinquilino è con me.
C’è il sole, ma una leggera brezza contrasta il calore dei raggi.
Sono stanco, esausto, e non mento se dico che ciò che più vorrei adesso, è soltanto stendermi sul mio nuovo letto ad acqua fino a svenire.

Siamo arrivati.
Samo apre il portone e ci dirigiamo verso l’ascensore.
Decimo piano, più una rampa da salire a piedi.
“Prima di andare a dormire, dobbiamo fare un’altra cosa” mi dice. “È pazzo”, penso tra me e me.
Mi invita a salire un’altra rampa di scale, c’è una soffitta.
Apre la porta di legno che cade dal muro e mi indica la scaletta di metallo appoggiata alla parete.

Saliamo.

In meno di un momento, di getto, un panorama magnifico si presenta davanti ai miei occhi.
Vedo una moltitudine di edifici, spazi, posti.
Sono arrivato a Berlino da appena dieci giorni e la maggior parte di essi mi è del tutto sconosciuta.
Riesco a riconoscere la Fernsehturm, l’Oberbaumbrücke, seguo con lo sguardo il percorso della Spree fin dove posso.
Quasi tutto mi è nuovo, ma mai come ora mi sento a casa.
Osservo ciò che ho davanti.
Adesso il tutto è il niente, e viceversa.
Una città che si sta svegliando baciata dai tiepidi raggi di uno dei primi soli primaverili, ma che in realtà forse ancora deve andare a dormire.
È particolare Berlino.
Penso a Samo. Nessuno dei due parla.
Entrambi fissiamo un punto nel paesaggio che ci avvolge.
Mi chiedo a cosa stia pensando.
Ma che importa?
C’è un battello che passa.
Lo guardo, lo osservo, ma è già sparito dalla mia vista.
Immagino i volti delle persone, immagino le azioni che forse stanno svolgendo, immagino una città che si appresta a vivere il nuovo giorno.
Conversazioni, discorsi, scene, momenti.

Poi di blocco, mi fermo.

Penso che finora davanti a tanta realtà, non avevo mai immaginato in questo modo.

Non sono più stanco, e non voglio dormire.
“Ehi Samo, ci andiamo a fare un giro?”