Attualità

Germania, Twitter censura un account neonazista

La prima censura di Twitter fa sensazione. Si tratta, infatti, di una “prima volta” che rende bene l’idea di come le politiche del social network siano cambiate negli ultimi tempi. Da adesso in poi, l’uccellino di Twitter cinguetterà soltanto nel caso in cui dimostrerà di rispettare le leggi del suo Paese di provenienza. Altrimenti, potrà dire addio al suo canto (e non c’è libertà di espressione che tenga).

É per questa ragione che la piattaforma americana ha deciso di chiudere @hannoverticker, l’account di un gruppo neonazista tedesco, i Besseres Hannover. La censura è avvenuta su richiesta dai rappresentanti del Dipartimento di Polizia della città della Bassa Sassonia. I messaggi di @hannoverticker, tuttavia, sono stati cancellati soltanto in Germania; restano visibili nel resto del mondo. Una censura “localizzata” dovuta, appunto, alla localizzazione della violazione legale.

Twitter ha spiegato la decisione attraverso il suo rappresentante legale, Alex Macfillivray. Che in un tweet, però, ha difeso la scelta: “Non vogliamo negare i contenuti; bene avere gli strumenti per farlo in modo mirato e trasparente”. Macgillivray ha allegato la lettera in cui la polizia tedesca chiedeva di eliminare l’account associato all’organizzazione neonazista, messa fuorilegge in Germania ormai un mese fa. Una lettera cui Twitter ha risposto “silenziando” il profilo incriminato, secondo le linee guida stabilite in materia dalla compagnia all’inizio del 2012.

Una notizia che potrebbe creare un precedente importante. Cosa sarebbe successo, ad esempio, se Egitto e Tunisia avessero chiesto a Twitter la chiusura degli account legati agli attivisti, durante le varie fasi della Primavera Araba? Associazioni come Avaaz, We Rebuild, Telecomix – pur basate, spesso, al di fuori dei confini del Paese di azione, avrebbero visto i loro tweet oscurarsi automaticamente, una volta giunti sotto i cieli nordafricani? Non è dato saperlo, ormai quel tempo è passato. Nell’attesa della prossima rivoluzione “social”, però, è meglio porsi la domanda in tempo.

(articolo pubblicato originariamente su Linkiesta.it)

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