Il dj italiano Martin Patiño: “Catturo i suoni di Berlino e ne faccio musica”

© E.B. / Il Mitte

di Valerio Bassan

Lungo la strada per Baumschulenweg, chiuso tra la Sprea e la S-Bahn, sorge un grande edificio in mattoni scuri dall’aspetto inquietante. Secondo alcuni è una ex fabbrica chimica, utilizzata in passato anche dai nazisti e poi abbandonata. Mentre ci si avvicina, si possono ancora avvertire in lontananza dei suoni secchi, simili a degli spari: non c’è nessun fantasma, però, tranquilli. Quelli che si sentono sono solo i colpi di bacchetta inferti ad una delle decine di batterie custodite all’interno dell’edificio. Il palazzo, infatti, ospita oggi numerose proberaum, sale prove affittate mensilmente a band, musicisti e dj desiderosi di trovare uno spazio isolato ed indipendente per lavorare ai loro progetti sonori.

Al terzo piano della costruzione incontriamo Martin Patiño, dj italiano che ha fatto di questo remoto angolo di Berlino il suo rifugio musicale. Martin, il cui vero nome è Francesco, vive qui dal 2008, quando arrivò in Erasmus da Reggio Emilia. Da allora non se n’è più andato: «Per la gioia di mia mamma», ironizza. Ha cominciato ad amare la musica fin da piccolo, ma la sua carriera musicale è cominciata proprio in Germania. Negli ultimi anni Patiño ha pubblicato diversi singoli ed alcuni ep, l’ultimo dei quali, “Hommage a la sodomie” (Suara Records), è datato 2011. Le sue radici sono solidamente italo-peruviane (da parte di madre), il suo stile invece è in continua evoluzione. Una sfida di rinnovamente che porta avanti giorno dopo giorno, per allontanarsi dai cliché imperanti nell’odierna scena musicale berlinese.

A proposito, Martin. Ma che musica “va” oggi a Berlino?
Al momento c’è una ripresa dell’Italo Disco, sottogenere della disco music che nacque in Italia tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80. La ascoltano questi hipster con le magliette a collo largo e i vestiti quasi femminili. Tutto fa capo ad un’etichetta che si chiama Visionquest e che sta andando di brutto in città, proponendo serate su serate. Ma è un hype, una punta di successo che spero se ne vada al volo. Nonostante ci siano in mezzo anche dei pezzi carini, è ipervalutata al momento. Davvero, basta mettere quelle due cosette qua e là nei punti giusti delle canzoni e hai successo, è la classica situazione fake-trendy.

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Mi par di capire che tu, invece, hai scelto una direzione diversa. Ce ne parli?
A me piacciono di più le cose melodico-tristi. Mi faccio guidare dal sentimento e dalla passione per la musica sperimentale, che mi è nata da poco, qui a Berlino. Più o meno da quando ho visto John Cage che suonava i cactus in quella canzone, Child of Tree. E poi c’è questo italiano, Diego Stocco, che vive negli Usa e fa musica incredibile partendo dai suoni che trova in giro. Mi affascina l’idea di catturare i suoni delle cose, così come mi piace l’idea di una performance per metà accidentale. É questo che sto cercando di fare, mischiare tutte queste influenze sperimentali alle maragliate che mi son portato dietro da Reggio Emilia.

Stai lavorando a qualcosa di molto particolare per le tue esibizioni, giusto?
Giusto. Voglio rendere i miei concerti più corporei: oggi è tutto già programmato sul computer, ‘sti dj fanno un po’ la faccia incazzata mentre girano le manovelle ma in fin dei conti non fanno niente. Io voglio dare la sensazione di star facendo qualcosa di unico, ci tengo alle sensazioni che dò a livello visivo. Per questo sto approntando un live set molto particolare: ci saranno un cactus, una clessidra e un violino, la cui cassa di risonanza ha un suono estremamente romantico. Poi, siccome volevo un quarto “strumento” da suonare nei live, ho chiesto a varie ragazze che mi son piaciute nell’arco degli anni di dirmi qual è il loro oggetto preferito. Una volta ricevute le loro risposte, sono andato a prendere i pezzettini di pensiero che ci stavano alla base. Sono venuto fuori con qualcosa fatto di legno, rosso, che emetta del fumo. Non ho ancora deciso bene che cosa sia. In futuro mi piacerebbe anche suonare il fumo, ma il fumo non suona…

Com’è lo stato di salute di Berlino a livello di locali?
Cavolo, ce n’è tantissimi! A livello professionale trovi tutto quello che ti aspetti. Ci sono alcuni club tra i più famosi al mondo, Watergate e Panorama per esempio. Ma, soprattutto, ci sono decine di locali e di eventi più piccoli che sono davvero stupendi. Ti faccio il confronto con la città da cui provengo: a Reggio Emilia l’80% sono serate commerciali, il 20% sono serate underground. Qui le proporzioni sono completamente capovolte. Ci sono tantissimi locali underground, eppure la scena non è assolutamente satura. É come con gli alimentari, ne nascono sempre di nuovi ma lavorano tutti. Ecco, penso sia più o meno la stessa cosa.

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Vivi qui dal 2008, hai notato qualche cambiamento negli ultimi anni?
Eccome. I prezzi degli affitti si sono alzati a manetta, quelli delle serate anche: sono passati da 10 euro a 13/15. Poi ci sono molti più italiani in giro. C’è stato un film, Berlin Calling, che ha dipinto Berlino come una città di fattoni… ecco, credo che quel film abbia portato moltissimi italiani a trasferirsi qui. Basti pensare all’effetto che il film ha avuto in Italia, dove la Ostgut Ton, l’agenzia che gestische le serate del Berghain, porta sempre più spesso i suoi artisti ad esibirsi.

Di Paul Kalkbrenner cosa ne pensi?
Kalkbrenner era un artista prima, ora non so, forse lo è ancora ma a me non piace più. Così come non piace più al berlinese tipo, che ora deve per forza andare contro Kalkbrenner perché è diventato mainstream.

A quando la tua prima esibizione con il nuovo live set?
La prima sarà a Bruxelles, al Woodstraße, un club in cui ho già suonato due volte. Non so ancora la data, però, ho appena firmato con una nuova agenzia di booking e stiamo preparando il prossimo tour. Mi porterò dietro sintetizzatore, drum machine, mixer, computer, ipad oltre ai vari oggettini che ti dicevo prima… credo mi servirà un po’ di spazio in più rispetto al solito!

Invece ho sentito che stai lavorando ad un nuovo album, un progetto ambizioso di cui ancora non sveli i dettagli.
Sì, ne parlerò pubblicamente solo quando sarò al 70% della produzione. Per ora posso solo dire che sarà un disco connesso alla sessualità ed alla musica sperimentale e che sarà il primo album nella storia della musica registrato in questo modo. Ora ci sto lavorando e sono alla terza traccia. Non c’è una data di uscita prevista, visto che non posso controllare l’andamento della produzione… ma spero che sarà pronto in sei-sette mesi.

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5 COMMENTS

  1. bravissimo! questo é quello che mi aspetto dagli italiani…e dalla musica berlinese anche!

  2. sará…ma sento un odorino.. di arbeitlosgeld II e di sedute dal suo arbeitsvermittler del job center..

  3. ” C’è stato un film, Berlin Calling, che ha dipinto Berlino come una città di fattoni”….ehm..dalle foto sembri un tantino preso da gomorra ..

  4. Quanti luoghi comuni e brutti stereotipi…peccato, proprio su un tema così importante e sentito a Berlino come la musica elettronica..
    Visionquest la regina della italo disco “va di bbbrutto” tra gli hipster con le magliette col collo largo ma ehi, attenzione, è solo hype! ???

    Caro Martin, se non ci fossero stati qualche decina d’anni fa “sti dj che fanno un po’ la faccia inca**ata mentre girano le manovelle ma in fin dei conti non fanno niente”…probabilmente tu a quest’ora non potresti ambire a “dare la sensazione di star facendo qualcosa di unico, ci tengo alle sensazioni che dò a livello visivo”.

    Bah..quanta mediocrità e poco rispetto..

    Per carità, auguro successo a Martin, ma allo stesso tempo lo invito ad essere un filo meno saccente..

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