Unconventional Berlin Diary: angeli e immondizia a Berlino

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L’altra sera ho rischiato l’apoteosi fantozziana. Tornata a casa dopo una giornata massacrante e vittima di un colpevole eccesso di diligenza ho deciso di smaltire un po’ dell’immondizia che rendeva la nostra cucina qualcosa simile a un vicolo di Calcutta.

Sono uscita in giardino con in mano diversi sacchi maleodoranti e le chiavi di casa e quando ho lanciato la spazzatura nel bidone dell’indifferenziata le chiavi sono volate dentro, in un unico fluido movimento. Dritte nell’immondizia.


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Le chiavi volano nell’immondizia e un angelo salva la situazione

Per qualche istante sono rimasta paralizzata come la moglie di Lot. Nella mia testa sfilava pigro il proverbiale rotolacampo del Colorado, treni merci sfrecciavano fischiando, mucche frisone li guardavano passare e ragazzini immaginari cantavano “Sur le pont d’Avignon” mentre continuavo a fissare la spazzatura. Stavo ancora meditando il da farsi (o forse il suicidio) quando è arrivato un ragazzo biondo dall’aria sana e cordiale, una tipologia umana che avrei trovato rassicurante, se non avessi letto “Apt pupil” di Stephen King.

Ad ogni modo gli ho chiesto una mano. Mi aspettavo che mi aiutasse a cercare un bastone per agganciare in qualche modo le chiavi, invece, superando le mie più rosee aspettative, quell’angelo si è infilato per metà nel bidone e le ha recuperate da un letto di cenere e melma.

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A volte mi sento io stessa un rifiuto

Erano talmente sporche che mi hanno unto le mani e a casa ho dovuto disinfettarle con uno spray antisettico, ma la cosa che mi ha veramente spiazzata è stata la totale disponibilità di uno sconosciuto a compiere un’azione che io stessa avevo scartato in quanto inollterabilmente disgustosa… oltre che tragicamente metaforica, vista la mia tendenza a sentirmi io stessa un rifiuto urbano.

Non aiutano esperienze come aver lavorato in nero come sguattera per un lestofante italiano, a Colonia, e aver vissuto esperienze come quella di cadere a terra con tutti i vassoi del buffet, per la stanchezza e le ore di lavoro mal pagate, tra le risate roboanti dei clienti. Questa però è un’altra storia, iniziata e finita prima di Berlino. Forse un giorno la racconterò, ma non oggi. Torniamo piuttosto all’angelo biondo che si è tuffato nell’immondizia per me.

Questo momento di autentica gentilezza, nel giardino incredibilmente grazioso di una casa condivisa a Berlino ovest, mi ha messo di buon umore e mi ha tolto di dosso quel peso fatto di stanchezza e malinconia che mi affliggeva fin dalle prime ore del mattino. Colpa dei troppi turni di lavoro e del sonno arretrato, colpa della mia vita, che punta i piedi, e della primavera, che tarda ad arrivare.

Shirley Manson dei Garbage canta “I’m only happy when it rains, I’m only happy when it’s complicated”. Sono contenta solo quando piove, sono contenta solo quando è complicato. Io invece sono contenta solo quando le nuvole virano al bianco panna e il sole splende tra i rami verdi degli alberi. E quando qualcuno migliora la giornata storta di chi ha già una vita difficile, risultando provvidenziale come un angelo di Frank Capra. Gli angeli esistono e sono le persone gentili. Oggi ne ho incontrato uno e per questo sono grata al cosmo.

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Per quanto riguarda il resto, niente sembra cambiare. Vivo solo per sopravvivere e questo toglie spazio a tutto. Mi ritiro nella mia mente a sognare cose che non ho tempo neanche di ipotizzare.

Nemmeno suonare mi aiuta, perché fa sempre freddo, di musica si fatica a vivere e niente è mai facile. Però faccio tutto quello che voglio, ho suonato in tutto il mondo con il chitarrista del mio cuore, inciso canzoni che trovo ancora bellissime e diviso il palco con Courtney Love, due volte. Un tempo sognavo anche solo di assistere a un suo concerto. Di tanto in tanto mi scrivono dal Giappone, dagli Stati Uniti, da varie città europee. Citano i pezzi, chiedono nuova musica, mi chiamano tutti con il mio stage name. Io rispondo che non riesco a smettere di comporre, è sempre stato così. Scrivo e registro, salgo sul palco e sussurro, canto e urlo.

Il mio unico rimpianto è di non aver inciso un ep di quattro brani in acustico, con gli archi. Era tutto pronto, inclusa la violoncellista, ma ho seguito il consiglio sbagliato e ho mandato tutto all’aria, per fare altro. Per un attimo, ho dimenticato una regola aurea che seguo dal 2007 e che ha prodotto ottimi risultati: se pensi di aver avuto una buona idea seguila, sei la maledetta songwriter. Peccato. Magari un giorno recupererò brani e violoncellista e darò voce anche alla mia malinconia lou-reediana, perché di questo si trattava. Intanto sono già al lavoro su qualcosa di nuovo, come sempre. Il resto è fatica, angeli e immondizia.

♠ Colonna sonora: “I’m only happy when it rains”– Garbage♠

Machete

Machete vive a Berlino dal 2013.

Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.

A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.

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