Innamorarsi del rugby a Berlino: la storia dei Berlin Grizzlies

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Moritz Coburg è il manager dei Berlin Grizzlies, una squadra di rugby di Berlino che ha ormai raggiunto la seconda divisione della Bundesliga.
Mentre lo aspettavo in un tranquillo bar di Pappelallee, davo per scontato che fosse un uomo sui quaranta o forse anche più vecchio. Sono rimasta sorpresa, invece, quando mi ha raggiunta al tavolo un ragazzo molto giovane, dallo spiccato accento inglese e desideroso di affrontare il buffet e l’intervista con la stessa determinazione. Mi ha raccontato la storia della sua squadra e del suo amore per il rugby e mi ha parlato di come tutto questo stia cambiando il modo di vivere lo sport a Berlino.
Questa intervista é il risultato della nostra chiacchierata.

di Lucia Conti

Moritz, sei il manager dei Berlin Grizzlies. Vuoi parlarci della squadra, in grandi linee?

Allora, intanto non si tratta di un comune club, è più un progetto, un’idea, il cui fulcro è rendere il rugby uno sport sempre più importante, in Germania. La mia storia con il club, che in realtà esiste da circa cinque anni, è iniziata l’anno scorso. Ho iniziato partecipando agli allenamenti, di tanto in tanto. A quel tempo eravamo solo in quattro ad allenarci ed io, che avevo giocato a rugby in Inghilterra in situazioni ben diverse, ero quasi sconcertato, non mi sembrava neanche di far parte di una squadra. A quel punto abbiamo cominciato a lavorarci e a sviluppare il progetto e man mano che il team cresceva, anche io acquisivo più responsabilità. I risultati, comunque, sono evidenti, all’inizio avevamo un solo appartamento per gli atleti, ora ne abbiamo quattro. Siamo circa 60 membri, al momento.

Qual è la tua posizione all’interno dei Grizzlies?

Sono il manager, si potrebbe anche dire che sono il vicepresidente. Il presidente, che poi è anche il proprietario del club, vive in Australia, dove si è trasferito con la moglie. È lui ad aver avuto l’intera idea. Ha sempre amato moltissimo il rugby e a un certo punto si è detto: “Il rugby si è diffuso ovunque, tranne in Germania. Eppure è così divertente da giocare e da guardare. Qual è il problema?”. Così, ha cercato di fare di tutto per rendere popolare  in Germania questo sport che faticava a diffondersi e ci sta riuscendo!

Che atmosfera si respira, in squadra?

È la parte migliore! Non importa da dove vieni, non importa cosa fai o chi sei, fino a quando giochi o supporti i tuoi fratelli, sei parte del tutto e questo è lo spirito del rugby e del nostro club. Abbiamo in squadra italiani, argentini, tedeschi, inglesi, messicani, francesi, ucraini.

Se pensi al rugby, cosa ti viene in mente?

Intanto che una differenza importante tra il rugby e il calcio è che, con tutto il rispetto per il calcio, trovo il rugby capace di esprimere una maggiore apertura mentale e tolleranza. Anche nella mia precedente attività sportiva ho avuto modo di constatarlo, nel calcio sono più tradizionalisti, più legati alle vecchie regole, più spaventati dal cambiamento e dalla possibilità di andare avanti. E da questo punto di vista il fatto che i Grizzlies siano ancora un club relativamente piccolo rende tutto più semplice: interagire, discutere, prendere decisioni.
E poi sul campo c’è un vero e proprio combattimento, dove puoi ferire o essere ferito, in cui supporti i tuoi fratelli, in cui c’è un unità che in altri sport non sperimenti.

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Vi capita mai di scontrarvi?

Mai. Possono esserci delle normali discussioni, ma mai delle liti.

Che risultati avete raggiunto finora?

Abbiamo iniziato su base regionale e adesso siamo in testa alla classifica della seconda divisione della Bundesliga.
L’altra settimana abbiamo iniziato una cooperazione con la Land Rover, che sarà il nostro sponsor principale per questa stagione (insieme alla Riller&Schnauk) e questo è grandioso, una grande opportunità per noi, anche perché non era mai capitato che la Land Rover sponsorizzasse una squadra di rugby in Germania, siamo il primo caso. L’altro giorno ci siamo riuniti al campo per decidere che tipo di spot girare o che evento organizzare per dare rilievo alla cosa. A quel punto abbiamo cominciato a pensare a diverse opzioni, legate ai vari tipi di rugby che esistono, come ad esempio il rugby classico, il rugby a 15 o il rugby a 7, che è molto più veloce. Ed proprio il rugby a 7 che ci ha ispirato un’idea: visto che c’è un SUV a 7 posti della Land Rover chiamato Discovery, abbiamo pensato di far uscire 7 giocatori dal SUV prima di una partita di Rugby a 7, per poi dare inizio alla mischia!

Sei molto giovane, quanti anni hai?

Ho venticinque anni, ma anche il team è decisamente giovane, sono tutti della mia età o anche più giovani, a parte il presidente, che ha circa quarant’anni, e alcune persone sui trent’anni.

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Sei di Berlino?

No, sono nato a Colonia, sono poi andato in un collegio, a Londra, e quindi a Bonn e subito dopo a Monaco, che mi ha annoiato terribilmente! A quel punto ho deciso di trasferirmi a Berlino. Qui c’è una parte della mia famiglia, persone che mi hanno aiutato moltissimo, soprattutto i primi tempi.
Quando sono arrivato non avevo un appartamento, avevo solo un lavoro. Sono andato a vivere in una stanza a Wedding, un ex salotto in cui avevano allestito dieci letti, quindi la privacy era inesistente, è stato allucinante.
Subito dopo che mi ero trasferito, alcuni conoscenti hanno cominciato a dirmi quanto la zona fosse pericolosa. Non penso che Wedding sia un posto peggiore di altri, ma a quel tempo l’atmosfera generale non era il massimo. Dopo aver fatto questa esperienza mi sono trasferito da mia zia e poi sono andato a vivere con una ragazza, ma è stato abbastanza terribile. E infine, dopo che mi sono unito alla squadra, ho cominciato a occuparmi degli appartamenti per gli atleti e mi sono trasferito anche io.

Quanto la convivenza tra gli atleti influisce sullo spirito di squadra?

Molti degli atleti della squadra vivono insieme, mangiano insieme, si allenano insieme, si divertono e si rilassano insieme e questo fa una grossa differenza tra noi e altri club. La nostra è una specie di “accademia del rugby”, che ci rende molto vicini e molto più capaci di focalizzarci verso i nostri obiettivi.

Come hai scoperto il Rugby?

Anni fa, in Inghilterra. In realtá ci ho sempre pensato, ma quando mi sono trasferito in Germania all’inizio lavoravo 80 ore a settimana e ovviamente non avevo tempo. Poi ho cambiato lavoro, scendendo a quaranta ore settimanali. A quel punto mi sono unito a una squadra di canottaggio, sport che avevo praticato in passato, ma non mi piaceva, perché i miei compagni erano ragazzi molto più grandi di me, con moglie e figli, e io mi dicevo continuamente: “non è il mio mondo!”.
Alla fine ho incontrato Mick Schmidt, il presidente dei Grizzles, gli ho detto che mi sarebbe piaciuto allenarmi con loro, ma il progetto era davvero embrionale, così ho desistito. Non ha però desistito Mick, che ha continuato a mandarmi messaggi ogni settimana, mentre io continuavo a deviarli nella casella dello spam. Alla fine mi ha chiamato, io ero a Düsseldorf, abbiamo parlato per 45 minuti e alla fine della telefonata ho pensato “voglio allenarmi con i Grizzlies!”. Ecco, Mick è bravissimo in queste cose, sa sempre come convincere la gente.

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Quanto vi fate male sul campo?

Ti fai facilmente male, ma non così tanto. Le partite in cui ci si ferisce di più sono quelle contro gli inesperti, quei giocatori che non sanno ancora bene come muoversi. Ricordo che una volta, contro il Brandeburgo, abbiamo vinto 185 a 3, è stato una specie di record. In quello stesso match, però, mi sono rotto una mano, il mio coach si è danneggiato il crociato e un altro giocatore si è strappato un altro legamento.

I giocatori riescono a vivere della loro passione per il rugby?

Al momento sono gli atleti a venire da noi e a chiederci di unirsi al team. Non possiamo pagare nessuno, al momento, ma abbiamo tanti sponsor e in molti casi offriamo lavori collegati, sistemazioni economiche all’interno dei nostri appartamenti, oltre al fatto che gli atleti possano, volendo, diventare parte del team anche dal punto di vista gestionale e relativo allo sviluppo del progetto. Abbiamo anche partnership con scuole di lingue e quindi offriamo ai nostri atleti stranieri la possibilitá, per esempio, di imparare il tedesco e a volte aiutiamo i nostri sportivi nel percorso universitario.

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Quale sarà il vostro prossimo match?

Giocheremo il 29 ottobre, alle 14.00, contro l’USV Potsdam. È una partita importante e speriamo davvero che vengano più persone possibili. A questo proposito invitiamo tutti quelli che amano lo sport o che hanno voglia di gustarsi un incontro davvero intenso a venirci a vedere al Willi-Sänger-Stadion (Köpenicker Landstrasse 186).
Il match sarà particolarmente acceso, anche perché i Grizzles, anni fa, hanno avuto una cooperazione non felice con i ragazzi di Potsdam e quindi potrebbe esserci della tensione nell’aria. Sarà una partita decisamente emozionante!

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