Pasolini a Berlino: la grande mostra al Martin-Gropius-Bau raccontata da Ninetto Davoli

Ninetto Davoli

di Alessandro Brogani

Ha aperto ieri a Berlino, presso il Martin Gropius Bau, la mostra dal titolo “Pasolini Roma” dedicata al grande scrittore, poeta e cineasta italiano ed al suo rapporto con la capitale italiana.

Sei le sezioni esposte nel bel palazzo della fine dell’ottocento che percorrono un arco di tempo che va dall’arrivo nel 1950 nella città eterna, proveniente dal Friuli assieme alla madre, fino al tragico giorno della morte avvenuta su una spiaggia di Fiumicino nel 1975.

Il progetto originale della mostra nacque da un’idea dell’ex assessore alla cultura del comune di Roma (deceduto lo scorso febbraio) Gianni Borgna, del professore di cinematografia dell’università di Barcellona Jordi Balló e del critico e regista cinematografico francese Alain Bergala.

Questi ultimi due erano presenti all’inaugurazione tenutasi ieri anche alla presenza del prof. Aldo Venturelli, direttore dell’Istituto italiano di cultura di Berlino, ed alla direttrice artistica dell’Arsenal, l’Istituto di cinematografia ed arti visive di Berlino, Milena Gregor (entrambi gli Istituti collaborano e partecipano attivamente nell’allestimento della mostra).

Gli onori di casa sono stati fatti dal direttore del museo berlinese il prof. Gereon Sievernich e dal Consigliere dell’Ambasciata italiana, il dott. Giovanni Pugliese. Ospite d’eccezione dell’evento è stato l’attore italiano Ninetto Davoli, protagonista di molte pellicole (per l’esattezza 9) di Pasolini.

Del rapporto di Pasolini con Roma, sua città d’adozione, molto è stato scritto e detto: amore ed odio si potrebbe riassumere. Amore di un visionario, precorritore dei tempi, nei confronti di una città dalle mille sfaccettature, dove i “salotti buoni”, piuttosto che la Politica o l’alto clero facevano (e fanno tutt’ora) da contraltare ad una periferia di degrado e disagio profondo, quella stessa periferia appunto frequentata ed amata dallo scrittore in libri come Ragazzi di vita e dal cineasta in film come Accattone e Mamma Roma. Odio, quello di una società che poco amava questo suo figlio così diverso, così distante da sé in quanto precorritore di concetti che denunciavano la contemporaneità.

Contrario ad ogni forma di omologazione, omosessuale quando esserlo rappresentava, ancor più di oggi, una colpa grave agli occhi di una società perbenista e puritana, Pasolini si trovò ad affrontare i pregiudizi ed i tentativi di emarginazione intellettuale e sociale anche nelle aule dei tribunali per difendersi da denunce e querele.

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Ninetto Davoli durante l’intervista

Tuttavia questo contrasto con il suo tempo non gli farà perdere un carattere mite, anzi dolce che lo contraddistingueva, come ha sottolineato lo stesso Davoli durante la conferenza stampa tenutasi ieri mattina in occasione della presentazione della mostra, finita la quale ho approfittato per scambiarci due chiacchiere sul suo rapporto con Pasolini e non solo.

Ninetto, come è avvenuto il suo incontro con Pasolini?
Pierpaolo ed io ci siamo conosciuti quando avevo circa 15 anni, direi in modo casuale. Mi trovavo con degli amici a giocare in una località di Roma lungo l’Appia antica che si chiama l’Acqua Santa. Vedemmo su una collinetta un capannello di persone e ci avvicinammo incuriositi. Era la troupe di Pasolini che stava girando La ricotta. Ci stavano per cacciare quando mi riconobbe mio fratello che, come falegname, costruiva le scene del film. Mi fece avvicinare e mi presentò a Pierpaolo Dopo poco tempo da quell’episodio mi mandò a chiamare, sempre tramite mio fratello, per fare una piccola parte nel Vangelo secondo Matteo.

Poi arrivò la parte in Uccellacci ed uccellini…
Sì, quando mi fece la proposta esitai perché non mi sentivo in grado di recitare in un film con un ruolo così impegnativo. Soprattutto rimasi stupito quando mi disse che avrei dovuto farlo con Totò e per di più sarei stato pagato. Mi sembrava incredibile: recitare con un grandissimo attore e per farlo avere pure del denaro. Poi pian piano mi convinse e dopo circa una settimana iniziai a non avere più paura. Erano entrambi estremamente gentili con me e cercarono in tutti i modi di mettermi a mio agio.

Una mia curiosità: è vero che Totò recitava con un canovaccio, di sua iniziativa, senza un vero e proprio copione scritto?
No, non è vero. Al contrario degli altri film che aveva fatto, dove questo era vero, con Pierpaolo doveva seguire scrupolosamente il copione, alle volte trovandosi anche in difficoltà nel seguire alla virgola quanto era stato scritto nella sceneggiatura. Ogni tanto chiedeva a Pasolini come gli fossero venuti in mente alcuni termini e quest’ultimo lo rassicurava sulla facilità della recitazione. Comunque entrambi avevano grande stima e rispetto reciproco. Loro si davano sempre del lei; d’altra parte Pierpaolo non dava del tu a nessuno, per una forma di rispetto che sentiva di dovere all’interlocutore. Faceva la stessa cosa con Tonino Delli Colli (direttore della fotografia). Per tornare a Totò, voleva comunque indirizzare la propria carriera verso quel genere di film, per così dire più impegnati, come mi disse la sua compagna dell’epoca Franca Faldini.

Un episodio particolare che le è rimasto in mente del suo rapporto con Pasolini, qualcosa di vita privata?
Non posso trovarne uno in particolare perché il rapporto con Pierpaolo era tutt’uno tra vita privata e di lavoro. Non c’era una vera e propria distinzione. Stavamo sempre assieme, sul set cinematografico e fuori. Quindi come potrei ricordare qualcosa che fosse particolare? Era vita vissuta normalmente, sul set e fuori. E non lo dico per retorica.

Nel novembre del 1975 Pasolini muore. Cosa ha fatto Ninetto Davoli poi?
La morte di Pierpaolo fu per me un episodio drammatico. Persi un amico, un padre, un fratello maggiore. All’inizio fu problematico perché quando mi venivano proposte nuove cose non mi ci trovavo. Ero troppo legato al modo di lavorare di Pasolini. Tuttavia avevo una famiglia da mantenere e dopo alcuni rifiuti, pian piano sono riuscito ad adattare il mio modo di recitare a nuove esperienze.

Sta per uscire il film su Pasolini di Abel Ferrara, presentato a Venezia. Ce ne vuole parlare?
Sì, a dire il vero a Venezia sono andato con due film. Il primo con Pier Francesco Favino (produttore ed interprete) che si chiama Senza nessuna Pietà, film fuori concorso; il secondo è per l’appunto Pasolini di Ferrara, con Willelm Dafoe Il film racconta le ultime 24 ore della vita di Pierpaolo, anche se affronta solo la personalità del grande artista. Forse non ne coglie l’istrionicità, ma è stato ben accolto dal pubblico.

Progetti futuri?
Ho finito da poco un film comico con Maurizio Battista dal titolo Uno, anzi due. Il film sta per uscire sugli schermi italiani. Spero che piaccia, di sicuro io mi sono divertito a farlo.

Ringrazio Ninetto Davoli e mi avvio lungo il percorso della mostra. Per me, romano, è stato fare un tuffo indietro nel passato e rivedere anche, attraverso gli occhi di uno dei più grandi artisti e pensatori del secolo scorso, un pezzo della mia di vita. Ricordi in bianco e nero di una realtà che non c’è più, costellata di personaggi ed interpreti della società e cultura italiana che hanno avuto l’onore di frequentare a vario titolo Pasolini. Sto per andare via, quando con lo sguardo mi soffermo su un manoscritto: è quello di Petrolio, il romanzo non finito dello scrittore. Lo lessi anni fa e ricordo come m’inquietò l’ipotesi che potesse essere stato quanto scritto in quelle pagine a causare la morte dell’autore. Questa probabilmente resterà uno dei tanti misteri italiani irrisolti.

La mostra, che si è già tenuta a Barcellona, Parigi e Roma, rimarrà aperta fino al 5 gennaio 2015 presso Niederkirchnerstraße, 7 a Berlino. Un’occasione da non perdere.