Berlino è femmina: Paradise, la rapper afghana che parla di diritti delle donne

La rubrica “Berlino è femmina”, a cura di Valentina Risaliti, parla di donne e cerca di affrontare il tema della gender equality in modo multiprospettico e attento, sviluppando temi diversi e parlando di problemi, opportunità e diritti.
Questo articolo riguarda una donna che ha messo in gioco molto, inclusa la sua sicurezza personale. È una rapper, viene dall’Afghanistan e attualmente vive a Berlino.
Lei è Paradise.
Importante però è menzionare anche Diverse, il suo compagno di vita e di lotta.
Insieme sono la 143BandMusic. Oltre che sul sito ufficiale, potete seguirli sul loro canale youtube.

Paradise, la rapper afghana
Sguardo intenso, cappellino degli Yankees e determinazione da vendere: Paradise Sorouri non è solo la prima donna ad aver abbracciato il genere rap in Afghanistan, ma anche un’attivista responsabile di aver avviato un dibattito sui diritti delle donne in un Paese in cui tutto questo è ancora molto pericoloso.

Nata in Iran da genitori afghani scampati alla guerra civile, Paradise si trasferisce a Herat in seguito alla caduta dei talebani. Qui cresce ascoltando Tupac, Eminem, Beyoncé e Dr. Dre e nel 2008 incontra Diverse, ex-rifugiato che come lei condivide la passione per il genere. I due decidono così di collaborare e fondano la 143BandMusic. “Iniziammo a cantare di umanità in generale, quando a Paradise venne l’idea di scrivere un rap che parlasse delle donne afghane. In quel periodo non esistevano rapper donne nel nostro Paese e così decidemmo di registrare il brano, nel 2011”.
L’ispirazione viene alla cantante in seguito a un’esperienza di stage in seno a un’organizzazione umanitaria (“Il mio lavoro consisteva nella trascrizione di una serie infinita di terribili incidenti in cui erano per lo più le donne ad essere coinvolte”). Nasce così Faryad-e Zan (il grido della donna in dialetto Dari n.d.r.), brano dedicato al tema della violenza di genere in un Paese, l’Afghanistan, in cui la violenza sulle donne raggiunge livelli definiti quasi pandemici dal Segretario Esecutivo dell’UN Women, Phumzile Mlambo-Ngcuka.

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“Essere una donna in Afghanistan è considerato un crimine, figuriamoci essere una rapper!” dice Paradise, senza usare troppi giri di parole. “Le donne afghane devono affrontare moltissime difficoltà. Io in quanto cantante e donna non sono considerata alla stregua di un normale essere umano e molte persone spaventate dal potere femminile nel mio Paese mi hanno persino accusata di ricevere denaro dall’Occidente per promuovere la prostituzione, cercando così di mettermi in cattiva luce e di farmi smettere. Ma io non mi sono mai arresa”.
No, Paradise non ha ceduto. Nemmeno quando, da teenager, è stata molestata per le strade della sua città. Nemmeno quando, qualche anno dopo, a causa della sua passione per la musica, è stata aggredita da dieci uomini mentre rientrava a casa col fratellino. Inutili le grida di aiuto: “Pregavo i passanti di fermare i miei aggressori, ma loro li sollecitavano a finirmi. Io però mi sono difesa, ho reagito e anche se non ero abbastanza forte, mi sono salvata. Se li avessi lasciati fare, non sarei qui oggi. In definitiva è stata la capacità di reagire a salvarmi la vita”. Gli aggressori scappano, ma Paradise viene trovata da Diverse ferita e sotto shock. Tra i due è ormai nata una storia d’amore e decidono così di trasferirsi nel vicino Tajikistan.

Nel 2012 la coppia ritorna in Afghanistan, dove li attende una terribile notizia: una giovane cugina di Paradise, promessa in sposa a un uomo sulla sessantina, si è bruciata viva assieme alla sorellina per evitare le nozze. “Lei non è sopravvissuta, ma sua sorella sì e ad oggi riporta ustioni su metà del corpo” mi ha confidato Paradise. “Non potevo fare a meno di sentirmi molto triste e così, assieme alla mia amica Zohra Z. e a Diverse, scrivemmo Nalestan. Ci sembrò la canzone perfetta per esprimere il dolore di tutte le donne, non solo di quelle afghane”.

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Il brano, che riceve l’attenzione del pubblico internazionale, parla del cattivo uso che viene fatto dell’Islam contro le donne e della violenza che esse si trovano a dover sopportare: “È un invito affinché le donne si facciano sentire, affinché esse diventino le portavoce di chi una voce ancora non ce l’ha”. In definitiva un manifesto per tutte quelle donne che si trovano quotidianamente a dover affrontare una miriade di difficoltà e abusi, come i matrimoni forzati, i matrimoni in età infantile, le molestie sessuali e la violenza domestica, giusto per citarne alcuni.

“Secondo me” dice Paradise “la questione più urgente è la mancanza di educazione sia tra gli uomini, che tra le donne. L’impossibilità di ricevere una formazione adeguata, rende incapaci di riconoscere i propri diritti e di sapere come comportarsi con gli altri. Io sono fortunata, ho una famiglia che mi supporta e un compagno col quale posso combattere per la mia causa”. Ma cosa significa per Diverse, un uomo afghano, schierarsi a favore dei diritti delle donne? “Personalmente credo che in Afghanistan la questione della violenza di genere non sia solo un problema femminile. È innanzitutto un grosso problema per gli uomini. Ogni volta che sentiamo che un uomo ha ucciso la moglie per la ragione ‘x’, il soggetto è ‘l’uomo’ ed è lui che deve essere punito. Sono gli uomini a mancare di educazione e sempre loro a dover imparare come comportarsi con le proprie madri, mogli, sorelle e figlie. Se vogliamo la pace nel nostro Paese, dobbiamo innanzitutto imparare ad amare le donne. L’educazione femminile è comunque centrale: avere madri educate significa avere figli, sia maschi che femmine, educati e questi figli sono i leader di domani”.
Con la popolarità, tuttavia, arrivano per Paradise e Diverse anche le minacce, incessanti e violente, di una serie infinita di oppositori. Per la coppia diventa impossibile vivere a Kabul, dove si sono nel frattempo trasferiti, e così, nel luglio del 2015, i due decidono di partire alla volta di Berlino.

Edris Salehi

Amiamo Berlino, è una città capace di dare grande ispirazione, con la sua multiculturalità e i suoi stimoli. Abbiamo incontrato una marea di musicisti, dai quali ci stiamo già facendo influenzare… in positivo, sia chiaro. Continuiamo però a scrivere principalmente per la comunità afghana e a difendere i diritti delle donne. Il messaggio in sostanza non è cambiato: diffondere pace e amore”. Due valori che, come dimostrato dai recenti eventi, possono essere messi in discussione anche in quella che è oggi comunemente considerata la capitale europea della tolleranza e della convivenza pacifica. “Il recente attacco avvenuto a Berlino ci ha fatto capire che le persone incivili si trovano ovunque e che noi possiamo combattere l’odio con l’unione. Non è importante se ti trovi a Kabul o a Berlino: ci saranno sempre delle pulsioni negative che occorre respingere con l’Amore”.

Ed è proprio con questo sentimento che la 143BandMusic continua a diffondere un messaggio importante attraverso le conferenze, la musica e adesso anche grazie al grande schermo, con un documentario, “Rebel Beats“, che promette di raccontarci il percorso di questa donna e di questo uomo, uniti nella musica e nella lotta per i diritti umani. “Gli artisti possono sortire un effetto importante sul comportamento delle persone all’interno di una società e sono quindi in dovere di cercare di ispirare gli altri con messaggi positivi. Un consiglio? Non vi arrendete e inseguite i vostri sogni, lavorate sodo e ce la farete”.

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VALENTINA RISALITI è una editor, video-producer e occasionale film-maker, con la passione per il documentario d’autore, i libri (tutti) e le teorie del complotto.
Nomade per vocazione, negli ultimi anni ha vissuto in diversi Paesi, lavorando come redattrice di viaggi, TV reporter e produttrice audiovisiva, e diventando così una vera poliglotta. Da piccola, però, voleva fare il pirata. Degna discendente di una famiglia di amazzoni, è da sempre legata ai temi del femminismo, della difesa dei diritti delle donne e al rispetto
dell’ambiente. Idealista incallita, viene spesso tacciata da amici e parenti di essere insopportabilmente critica. Ha studiato filosofia e giornalismo e ama riconoscersi nelle parole delle grandi donne del
 assato. Oggi vive a Berlino, dove tra un libro di Patti Smith e uno di Simone de Beauvoir, sta ancora decidendo cosa vuole fare da grande.