La CDU di Francoforte contro il burka

Foto © Sascha Kohlmann / Flickr / CC BY-SA 2.0
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Francoforte – La frazione cittadina della CDU sta varando una proposta di legge per vietare l’uso del Burka e di altri veli che nascondono parzialmente o totalmente il volto delle donne. Al momento si tratta soltanto di una proposta di legge, che deve essere in primis discussa al congresso nazionale della stessa CDU e pertanto non si può parlare di posizione ufficiale della CDU nazionale ma di una posizione della sezione francofortese del partito.

Nonostante si tratti solo di un progetto ci sono almeno due elementi che devono essere assolutamente chiariti e discussi. Il primo è socio-politico, il secondo è politico-culturale e legislativo. La cittá sul Meno sta effettivamente vivendo una escalation religiosa. Parlare di guerra santa sarebbe azzardato e grottesco, ma non si puó negare che ci sia una specie di competizione sul religioso che spaventa la placida vita francofortese.La classica passeggiata attraverso lo Zeil per lo shopping natalizio è ormai uno slalom tra attivisti di ogni religione pronti ad offrire il loro libro sacro e la loro offerta di condotta di vita. Se ciò non bastasse la crescita del Salafismo anche a Francoforte ha attivato i discorsi razzisti che cavalcano l’onda del patetico “ci stanno invadendo, vogliono muslimizzare la Germania.

Insomma c’è un po’ troppo rumore indesiderato. Tuttavia proprio la tempistica di questa proposta della CDU francofortesi contro l’uso del burka rivela chiaramente che gli estremisti di destra non sono l’unico soggetto politico che ambisce a capitalizzare politicamente la tensione sociale che si sta creando intorno al mondo islamico. Ovviamente la CDU motiva la sua posizione su basi decisamente differenti e si appella alla laicitá dello Stato e alla trasparenza pubblica e civile che alcuni abiti tradizionali metterebbero in questione.

Tuttavia la C della sigla CDU significa cristiani e potrebbe far discutre il fatto che un partito d’ispirazione religiosa sia legittimato a stabilire quali segni o indumenti di un’altra religione possano essere considerati in linea con la laicità dello Stato. Ovviamente ci siamo spostati dal piano socio-politico a quello politico-culturale-legislativo.

Sorgono quindi una serie di interrogativi che rendono complessa la questione. Qual è la misura e la soglia di tolleranza per un velo? E quali effetti può avere una simile decisione sulla vita delle donne musulmane strette nella morsa tra leggi religiose e leggi statali? Perché determinati abiti religiosi sono a norma e altri no? Quali saranno gli effetti di tali distinguo e come tramutare queste linee di confine in leggi che tutelino allo stesso la libertà religiosa? Ttali difficoltà dovrebbero essere note anche agli esponenti della CDU francofortese. In questo caso il vecchio adagio che l’abito non fa il monaco va rovesciato, l’abito farebbe il cittadino.

E’ bene non cadere nel vecchio e triste tranello del “sei d´accordo con il Burka o no” o peggio ancora con un distorto e ipocrita identificarsi nelle donne musulmane. Il rifiuto di un determinato indumento deve essere una richiesta dei soggetti in questione – in questo caso delle donne musulmane – che devono trovare forza politico-culturali e reti di sostegno sociale e familiare. Se ci sarà questo desiderio dovrebbe nascere dal basso.

Ruggiero Gorgoglione


Zugspitze montagna

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