Unconventional Berlin Diary: l’Italia non è Berlino. Le anziane di Fiuggi non mi vogliono bene

Mio cugino presenta il suo libro su Giorgio Napolitano a Fiuggi, lo accompagno con piacere insieme ai miei nipoti e a mio zio. Per le strade ci sono quasi solo anziane, siedono all’ombra degli alberi, passeggiano con cautela, quelle con qualche anno in meno ballano il liscio all’aperto. Non ce n’è una che non mi guardi i capelli come se si trovasse di fronte a Theodore Bundy.

Ho soltanto un banalissimo taglio alla moicana ma a quanto pare con loro non passa, anche perché cammino con un uomo elegante piuttosto che con il delinquente da fiction che probabilmente troverebbero più logico mi fosse a fianco. Hanno un’aria non solo sconvolta, ma decisamente ostile, come se avessi fatto loro un torto. All’inizio mi viene da ridere, dopo un po’ mi innervosisco. Mi chiedo come la prenderebbero se cominciassi a fissarle ostentatamente con disgusto o a dispensare consigli non richiesti, per esempio esortandole a non tingersi i capelli di nero corvino fasullo, a non scegliere ombretti azzurri dopo gli ottanta, a radersi il pizzetto ogni tanto e, soprattutto, a non fissare la gente, precetto che ogni madre dovrebbe inculcare alla prole. Ovviamente non lo faccio, sono un metamorfo gotico perbene, io.

D’un tratto realizzo con estrema chiarezza di non essere a Berlino, ma in Italia, Paese in cui la gente si scandalizza persino se Gianni Morandi dice qualcosa di sinistra. Scusatemi, oh miei compatrioti, ma è spesso così e le minoranze qualificate non valgono. Al massimo hanno tutta la mia solidarietà.

L’apoteosi arriva quando per qualche minuto mi trovo con mia nipote all’esterno di un’erboristeria. Gli altri sono entrati tutti per comprare qualcosa. Due donne molto anziane che procedono aggrappandosi l’una all’altra ci notano e si fermano all’improvviso. Probabilmente non capiscono per quale ragione questa moderna edizione dell’uomo nero sia in compagnia di una bambina normale. Magari pensano a un rapimento e immaginano un complice che aspetta con il motore acceso e lo stuzzicadenti in bocca proprio dietro l’angolo. Si danno di gomito. Nella loro inconsapevolezza da cataratta avanzata non si rendono conto che se ammiccano e si parlano all’orecchio indicandomi forse me ne accorgo. Poi si avvicinano furtive e una delle due, probabilmente la più coraggiosa, decide di lanciarsi e se ne esce con un improbabilissimo “mi piace il tuo taglio di capelli!” che riesce a sembrare anche più finto del suo sorriso odontoiatrico. La guardo con mestizia.

A quel punto le signore non sanno più che piega dare alla recita, fanno finta di guardare cose a caso nella vetrina della farmacia e indicano un cesto pieno di palline marroni chiedendomi “cos’è esattamente?”. Sul cesto pende una targhetta su cui è scritto: agevola il transito intestinale. Dalla pantomima siamo approdati alla farsa. Alla fine si allontanano, caracollando, ma non rinunciano a lanciarmi ancora qualche occhiata, prima di sparire misericordiosamente dalla mia vista.

Che altro dire? Forse hanno ragione loro, forse il “rockarollo” mi ha traviata insieme alla letteratura eversiva, al cinema underground e a qualche fumetto d’autore, ma magari sono ancora in tempo per rimediare e tornare in seno alla maggioranza scandalizzata. D’ora in poi prometto solennemente di pettinarmi come Lorella De Luca in “Poveri ma belli”, di indossare solo abiti dai toni pastello, di dare figli alla patria, soldi alla chiesa e di sistemare i centrini del salotto ascoltando Rabagliati.

Così le signore di Fiuggi finalmente mi ameranno.

♠ Colonna sonora: “Ma l’amore no”-Alberto Rabbagliati♠

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Machete

Machete vive a Berlino dal 2013, in modo intelligente dal 2007 e in modo autoanalitico dal 2017.

Ama scrivere e girare il mondo e il suo più grande sogno è di poter combinare le due cose, un giorno. Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.

A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte.

Un po’ lo spera ancora.