La repressione contro Blockupy: Federico resta in carcere

Una foto dalla pagina facebook in solidarietà con il ragazzo italiano.
Una foto dalla pagina facebook in solidarietà con il ragazzo italiano.
Una foto dalla pagina facebook in solidarietà con il ragazzo italiano.

Bannerino_FrancoforteFrancoforte – Federico Annibale è ancora in carcere e resterà detenuto fino alla fine del processo che lo vede imputato. L’istanza di scarcerazione presentata da Federico e dai suoi avvocati è stata infatti respinta.

Le indagini si sono ufficialmente concluse il 9 Aprile e Federico è accusato di aver partecipato ad azioni violente nei confronti delle forze dell’ordine nel corso delle manifestazioni contro la BCE. La sua identificazione è stata resa possibile dal fatto che a differenza di altri manifestanti, presenti nelle zone calde dei blocchi del 18 Marzo, non indossava alcun cappuccio o indumento mimetico. Federico è stato di fatto arrestato perché era a volto scoperto con una giacca rossa circondato da manifestanti incappucciati che indossavano indumenti scuri.

Insistiamo su questo particolare, per il semplice motivo che dimostra un’estraneità dell’imputato a gruppi e azioni violente, che ovviamente consci delle loro azioni e delle possibilità d’identificazione si sono premuniti “mascherandosi”.

Purtroppo, al momento dell’arresto, è stato trovato in possesso di due pietre. Tanto basta agli inquirenti per giustificare la detenzione e l’accusa di Schwerer Landfriedensbruch che corrisponde più o meno al disturbo della quiete pubblica. Tuttavia il diritto tedesco ha ben altre normative in merito alle manifestazioni politiche e stando a queste anche il ritrovamento e il possesso di oggetti contundenti costituiscono un reato punibile con una detenzione dai 6 mesi ai 10 anni. Stando al magazine on line Dailystorm, con il quale collabora Federico e dal quale abbiamo ripreso le notizie fin qui riportate, esisterebbe materiale audiovisivo che identificherebbe Federico nel lancio di un ombrello.

Il ragazzo è tuttavia pronto al processo ed ha anche scritto una lettera al giudice in cui ammette di aver perso il controllo in mezzo agli scontri non provocati da lui. Questa e altre garanzie fornite dalla famiglia per ottenere una libertà vigilata da trascorrere a Francoforte in attesa del processo non hanno ottenuto gli effetti sperati. Federico resta dentro perché potrebbe fuggire in Italia.

La rigidità del giudice appare ingiustificata, partendo dal presupposto che l’imputato non ha precedenti di alcun tipo, né tanto meno identificazioni a carico e non ha mai militato in gruppi che hanno provocato scontri in piazza. Il desiderio del ragazzo è di mettersi questa storia alle spalle e ricominciare la sua vita e i suoi studi, non certo quello di darsi ad una clandestinità.

Il fronte politico e sociale che chiede la sua scarcerazione intanto cresce. Sabato 11 Aprile si è tenuta a Francoforte un’altra manifestazione fuori dal carcere. Nel frattempo in diversi stadi della Bundesliga sono stati esposti striscioni di solidarietà con l’haschtag “freeFede”. Da tutto il mondo giungono attestati di condivisione della causa e accademici affermati come Michael Hardt, David Harvey, Noam Chomsky, John Holloway e David Graeber hanno solidarizzato con la causa.

Forse è il caso di porsi il problema politico e non solo giuridico. Di porre il problema se la difesa dell’ordine pubblico non stia costituendo un problema per la democrazia europea.

Lo scorso sabato la manifestazione del gruppo ex Pegida, è stata, per l’ennesima volta, teatro di scontri tra le forze dell’ordine e contromanifestanti che volevano impedire lo spandersi di discorsi e slogan xenofobi. Il bilancio è stato di diversi feriti e 4 arresti. E’ paradossale che lo sciocchezzaio xenofobo e razzista  si esprima protetto dalla polizia, mentre un manifestante a volto scoperto, impoverito dalle politiche europee, viene arrestato e rischia fino a 10 anni di reclusione punitiva.

La lunga notte di Federico nelle carceri tedesche è il lungo sonno di una ragionevolezza democratica, e occorre risvegliarsi presto.

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