Perché il film “La Deutsche Vita” è un’occasione persa

ladeutschevita_still

di Elisa Cuter
(twitter @elisacuter)

Accingendosi a scrivere una recensione de La Deutsche Vita, documentario di Alessandro Cassigoli e Tania Masi presentato lo scorso autunno al Dok Film Festival di Lipsia e in uscita il 6 marzo a Berlino, è necessario un disclaimer: le riserve esposte di seguito non nascono da un malinteso senso di superiorità rispetto alle persone rappresentate, né da un qualche leso campanilismo, quanto dalla delusione di fronte all’occasione persa di offrire uno spaccato sociologico di qualche interesse su una tematica attuale e importante.

Il tema, sicuramente, è sensibile: il film ambisce infatti a rappresentare la comunità italiana a Berlino, con i suoi vizi e le sue virtù e con le sue gioie e i suoi (tanti) dolori. Lo sforzo di mostrare gli aspetti meno gradevoli dell’esperienza della in fin dei conti non sempre così ospitale “locomotiva d’Europa” è sicuramente lodevole, e quando in apertura il titolo compare ironicamente sullo sfondo di un cielo grigio è inevitabile trattenere un sorriso complice (e un sospiro di sollievo nel constatare che non si tratta dell’ennesimo spot su quanto si stia bene in Germania, su quanto sia cool Berlino eccetera). Purtroppo però le speranze di avere un punto di vista autentico su ciò che accomuna e distingue coloro che si sono trasferiti nella capitale tedesca vengono presto disattese.

deutsche_vitaDa un punto di vista cinematografico, il documentario ha un’impostazione classica e non particolarmente riuscita: si tratta di una serie di interviste a diverse persone raccordate da una narrazione autobiografica fuori campo un po’ pretestuosa che nulla aggiunge a quanto raccontato dagli intervistati.

Il film rifiuta di essere chiaro su come mettere in relazione i due approcci: esplicita apertamente la presenza registica ma cerca di scomparire nei dialoghi tra interlocutori (praticamente sempre italiani) che talvolta perdono spontaneità, facendoli quasi sembrare costretti a inscenare un dibattito.

La trascuratezza nella fotografia, nella scelta delle inquadrature, nel montaggio, può forse essere imputabile alla limitatezza delle disponibilità economiche (il film è stato realizzato grazie al crowdfunding), ma risulta in sostanza una riprova della superficialità generale con cui è stato trattato il progetto, forse scambiandola erroneamente per spontaneità e ironia.

La confusione nel punto di vista è in ogni caso indicativa. Come talvolta accade, nella pretesa di raggiungere una qualche universalità si finisce col non dire niente e parlare solo per luoghi comuni. Il risultato, e qui sta il problema più grave, è che il documentario diventa soltanto una collezione di macchiette che non fa che appiattire le storie individuali dei singoli migranti (che pure offrivano una rosa molto diversificata di casistiche non limitandosi ai nuovi arrivati – convinti erroneamente che Berlino sia un rifugio per artisti – e indagando diverse ondate migratorie) a una serie di cliché che, anche nel caso (cosa di cui è lecito dubitare) fossero veri, non dicono niente.

Non dicono niente agli italiani che si chiedono come sia la vita a Berlino, perché il film punta più ad esplorare “l’italianità” dei berlinesi d’adozione; non dicono nulla ai tedeschi, perché non si fa che insistere su una visione stereotipata dell’italiano (gesticolante, buona forchetta, nostalgico, irruento, fantasioso, inaffidabile, mammone e così via); ma soprattutto non dicono niente agli stessi italiani a Berlino, tradendo la loro esperienza complessa fatta di sforzo di integrazione, senso di appartenenza e inevitabile paragone con la vita in Italia, di cui il film non offre che una caricatura. E, quel che è peggio, una caricatura forzata, che non fa ridere.

Quello che probabilmente aspirava ad essere un gioco consapevole ed ironico con i cliché cade, purtroppo, nella sua stessa trappola: viene da chiedersi se i registi non abbiano introiettato, dopo tanti anni a Berlino, la visione piena di pregiudizi che una (anche qui) presupposta parte dei tedeschi ha sugli italiani, o se stando all’approssimazione di questo film non sia vero tutto quello che di questi ultimi si dice in Europa e nel mondo.

IL TRAILER:

Rettifica: la frase “esplicita apertamente la presenza registica ma cerca di scomparire nei dialoghi che vorrebbero sembrare spontanei tra interlocutori (praticamente sempre italiani) costretti a inscenare un dibattito” è stat modificata in “esplicita apertamente la presenza registica ma cerca di scomparire nei dialoghi tra interlocutori (praticamente sempre italiani) che talvolta perdono spontaneità, facendoli quasi sembrare costretti a inscenare un dibattito”. Il cognome del regista è stato corretto dopo la segnalazione di un lettore. 

10 COMMENTS

  1. non condivido affatto la critica di Elisa Cuter mi dispiace. Il film é autentico, spontaneo, i personaggi non sono affatto macchiette, e proprio il montaggio é perfetto. ogni singola frase o silenzio scelti, sono scelti al momento giusto. la musica, L’ironia e anche la malinconia di chi a berlino ci sta già da 20 anni. mi dispiace ma una critica così mi delude molto, perché non é oggettiva e dice cose non vere come per es “personaggi costretti a inscenare un dibattito”: Ma quale costretti? la telecamera semplicemente seguiva l’accaduto, nessuno di noi ha dovuto dire o fare cose che gli sono state dette in precedenza… anche il fatto di scrivere ” risulta in sostanza una riprova della superficialità generale con cui è stato trattato il progetto, forse scambiandola erroneamente per spontaneità e ironia”…..personalmente quando ho visto il film insieme a tutti i giornalisti tedeschi e italiani e ho sentito i commenti…ENTUSIASTI: dicevano appunto che é un film che sembra voler solo far ridere, ma in realtà scava in profondità, basterebbe ascoltare bene i dialoghi e i monologhi delle persone…che non si riducono di certo al fatto “io le vieterei le bici”. sinceramente, leggendo la critica mi sembra si stia parlando di un altro film. Spero proprio che il pubblico non si faccia influenzare da questa critica ,che trovo io superficiale , come se si fosse visto il film con un occhio e un orecchio solo.

    Ecco cmq un’altra critica ( palesemente non oggettiva ma che rispecchia assolutamente la mia visione) http://www.italianiaberlino.it/2013/10/31/la-deutsche-vita-una-recensione-per-niente-oggettiva/

  2. Un consiglio professionale: è buona regola, quando si recensisce un film, definendolo trascurato e superficiale, scrivere quantomeno correttamente il nome dell’autore. Vorrei sottolineare inoltre che l’uso frequente di parentesi in scrittura, di cui l’articolo abbonda, è una forma di autocorrezione, o di commento nel commento, più o meno equivalente alla voce fuori campo in un film. Non vedo in che modo La Deutsche Vita ambisca ad essere “universale” e al contempo possa fingersi spontaneo. Assumiamo che il film volesse essere universale. Mi sembra manifesto che il registro fosse quello comico. Mi chiedo allora: come perseguire l’universalità nella commedia se non attraverso “macchiette, caricature, cliché, luoghi comuni e stereotipi”? Allo spettatore con l’aspettativa di vedere uno “spaccato sociologico” o un film che soddisfi la curiosità su come sia la vita a Berlino, consiglio piuttosto di comprare Panorama o una guida turistica.

  3. Ringrazio Elisa per il suo commento, soprattutto perché l’ultima cosa che abbiamo voluto fare con questo film é stato “offrire uno spaccato sociologico di qualche interesse su una tematica attuale e importante.” La Deutsche Vita é un film e una visione completamente personale sulla vita, l’ironia della vita, e su Berlino. E non ha pretese alcune.
    Non pretende di essere né un reportage giornalistico asettico, né un trattato di sociologia urbana, né tantomeno un elenco telefonico degli italiani a Berlino. Non obbliga nemmeno i suoi personaggi a recitare, anzi.
    Sono molto curiosa di vedere cosa ne penseranno gli spettatori dopo la Premiere del 6 di Marzo! Tania Masi

  4. Spero che gli italiani che vivono a Berlino – ma vale per tutti gli expats – vedano questo film Non posso assolutamente condividere la critica che definisce, in sintesi, questo doc come una caricatura degli italiani all’estero. Cara Elisa, affermi ciò che non ti piace- tra l’altro si tratta di palesi bugie e assurdità- in maniera pretestuosa arrampicandoti sugli specchi e senza neanche conoscere la realtà del campo di cui tratti, ossia il cinema. Da quand’è che il crowdfunding è sinonimo di mediocrità? Sai quanto costa realizzare un film? Conosci la differenza tra un film e un documentario? Facile stare dietro allo schermo del computer a sputare sentenze senza neanche provare a viverci a Berlino, visto che sei una studentessa di Filmwissenschaften. Brava, continua a studiare la materia, hai enormi lacune da colmare e soprattutto un bel po’ di esperienza da fare. La tua recensione è invece proprio frutto di quella superiorità che invano tenti di negare all’inizio del tuo articolo.

  5. io sono curiosa… il trailer mi sembra carino.
    andrò a vederlo comunque e poi potrò farmene un’opinione completa e spassionata.

  6. ecco. adesso l’ho visto e devo dire che mi è proprio piaciuto. Non lo trovo affatto macchiettistico. I personaggi sono eterogenei, sfaccettati e alcuni persino contraddittori con se stessi! È un film ironico, divertente e dolente, personale, totalmente privo di pretenziosità; che offre spunti di meditazione, come anche momenti di vera e propria liberatoria ilarità. Anche le supposte carenze formali proprio non ce le vedo: mi sembra un film realizzato, pur con semplicità di mezzi, in modo molto più che dignitoso

  7. ecco. adesso l’ho visto e devo dire che mi è proprio piaciuto. Non lo trovo affatto macchiettistico. I personaggi sono eterogenei, sfaccettati e alcuni persino contraddittori con se stessi! È un film ironico, divertente e dolente, personale, totalmente privo di pretenziosità; che offre spunti di meditazione, come anche momenti di vera e propria liberatoria ilarità. Anche le supposte carenze formali proprio non ce le vedo: mi sembra un film realizzato, pur con semplicità di mezzi, in modo molto più che dignitoso

  8. Ma, Elisa Cuter, te non hai fato uma crítica, ai scrito la tua opnione di una bambina viciada, hipister, senza conoscenza cinematografica e futile. Io mai letto tante cazzotte e bugie in una critica cinematografica, cosa da inesperiente, va ala sciolina di cinema e vede si impara qualcosa.
    E guarda qui che cose bellissima sa fare te, segnorina Cuter: http://www.youtube.com/watch?v=zf_Fy5HJllU
    http://www.youtube.com/watch?v=xUJXLt3YcEw
    si vede que te sai fare le cosa per bene, figlia di papa

  9. Lo abbiamo visto un paio di settimane fa e ci è piaciuto molto. Alcune scene sono state semplicemente esilaranti, mentre altre raccontavano di cose in cui era facilissimo riconoscersi. L’ho raccomandato ad un paio di colleghi italici …

Comments are closed.