Un teatro “d’amore e d’anarchia”: Lucia Chiarla in scena a Berlino

Un momento dello spettacolo (courtesy of Lucia Chiarla)
Un momento dello spettacolo (courtesy of Lucia Chiarla)
Un momento dello spettacolo (© Gilles Soubeyrand/ courtesy of Lucia Chiarla)
Un momento dello spettacolo (© Gilles Soubeyrand)

di Emanuele Cerra

In quest’autunno che scivola verso il gelido inverno mitteleuropeo davanti ad alberi sempre più nudi e con il sole che fa capolino sopra i tetti delle case solo per un’occhiatina sfuggevole,  inizia anche la stagione della nostalgia. Nostalgia di quel bel sole, al quale come girasoli puntiamo lo sguardo e dal quale, ad occhi chiusi, lasciamo riscaldare.

Per chi rimane a Berlino a resistere tenace contro i gradi che aumentano sì, ma nel lato sbagliato della colonnina, a mantenere vivo il ricordo del calore del bel paese è l’attrice e autrice Lucia Chiarla, con il suo spettacolo musicale intitolato “D’amore e D’Anarchia”: una rivisitazione in chiave jazz delle colonne sonore dei grandi classici del cinema italiano.

Un originale percorso storico che parte dall’Italia del secondo dopoguerra e approda ai giorni nostri attraverso la musica dei film, l’improvvisazione con il pubblico e la recitazione di testi tratti dalla letteratura italiana e composti per l’occasione.

L’intento dell’autrice e regista è quello di rompere i cliché che in Germania vengono attribuiti a noi italiani, in primis il mito, esportato con grande successo dalla nostra cultura, della “Dolce Vita”, immortalato per sempre nell’onirica passeggiata di Anita Ekberd nella fontana di Trevi.

Si sa che i mitteleuropei guardano alle vicende della nostra nazione con il sorriso, con occhio ironico e sarcastico, a sostegno del mito dell’italiano gigione.  Ma la nostra essenza non è fatta solo di questo e i nostri film, soprattutto quelli del periodo neorealista, rappresentano molto bene i chiaro-scuri della nostra cultura.

Lucia Chiarla sul palco (© Gilles Soubeyrand / courtesy of Lucia Chiarla)
Lucia Chiarla sul palco (© Gilles Soubeyrand)

In Fellini, attraverso le interpretazioni di Marcello Mastroianni, troviamo anche l’opportunismo, il tradimento, la violenza, la poligamia sommersa e tutte le contraddizioni che fanno amare e odiare l’Italia per primi a noi stessi.

Dalla “Dolce Vita” emerge da un lato una Roma scandalosa in cui l’arrivismo e l’arrampicata sociale dominano all’interno di un sistema basato sul lusso e sull’immagine, dall’altro troviamo la Pìetas, per mezzo della quale i personaggi alla fine si riscattano dalle loro malefatte.

La realtà sotto lo stereotipo è quello che Lucia Chiarla e la sua Band vogliono raccontare. Un viaggio nel mondo dello Stivale pensato soprattutto per i tedeschi, per far vedere ciò che sta nascosto dietro alle immagini del tricolore, della pizza, del mandolino e della mamma.

Lo spettacolo si fonda su un ossatura musicale ben architettata e molto riconoscibile per gli amanti del cinema neorealista: si parte dalle note del film La Strada di Fellini dove viene ripreso il personaggio Gelsomina come specchio della povertà del secondo dopoguerra.

Successivamente sulle note del Padrino si esplora il mondo degli italiani migranti nei primi anni ’30 (ma con un occhio ai giorni nostri) e il loro coinvolgimento nella mafia, per virare subito con le musiche di “Storie d’amore e d’anarchia” alle vicende degli anarchici italiani in America e del loro travagliato rapporto con la repressione d’oltreoceano.

Con la colonna sonora della Dolce Vita viene rispolverato il vecchio contenzioso nato dalla somiglianza delle canzoni felliniane a quelle del compositore tedesco Kurt Weill. Il rapporto Italia-Germania e il desiderio di integrazione viene visto attraverso l’interpretazione di due canzoni di guerra che casualmente hanno le stesse note: Il Soldato Innamorato e Lili Marleen.

Dopo un’energetica dose di vitalità con Mambo Italiano, alla fine del viaggio (della durata di circa un’ora e mezza) alle melodie ammalianti del grande classico di Paolo Conte “Vieni via con me”: perfetto epilogo per coloro che guardano verso casa con un occhio nostalgico, con la consapevolezza di non voler tornare.

Lucia Chiarla, con il suo abilissimo gruppo di jazzisti (Vito Cassano al piano, Akira Ando al contrabbasso e Andrea Marcelli alla batteria) conduce con esperienza la serata, alternando letture a momenti di improvvisazione con il pubblico.

Negli intermezzi indossa un naso rosso e veste i panni di un clown, figura tragicomica e dissacratoria che si prende in giro ridicolizzando i cliché italiani, mettendone in luce gli aspetti meno noti al pubblico d’oltralpe. E così si rincorrono citazioni di letterati, poesie, spaccati del nostro repertorio culturale, tradotti in tedesco e donati al pubblico berlinese.

Uno spettacolo semplice e sincero, basato molto sulla notevole abilità improvvisativa dei musicisti e della buona capacità canora della cantante. Due i prossimi appuntamenti previsti, il primo verso l’11 di dicembre all’Istituto di Cultura Italiano a Mitte, l’altro in primavera, verso la fine di marzo al Kino Babilon.

Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.luciachiarla.com.