Berlino e la bicicletta, connubio perfetto con un solo difetto: le multe

[© blu-news.org on Flickr / CC BY-SA 2.0]
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di Giulia Maninetti

Uno dice: Berlino è bellissima da girare in bici. Uno dice: Prendo la bici così risparmio sui mezzi. Uno dice: Mi muovo in bicicletta così contribuisco a non inquinare.

Certo, il ragionamento è corretto, fila. Per chi ha letto il capitolo cinque, la bicicletta era stata comprata il secondo giorno che ero qui. Ora progetto di ribattezzare Nina (sì, dò i nomi alle bici, lo faccio da quando avevo otto anni), dipingendola di lilla. Fino a qui tutto romantico e meraviglioso. Se non fosse che.

Se non fosse che a Berlino le biciclette sono considerate come le macchine. E i poliziotti non sono esattamente gentili. Avevo riso molto quando a novembre Federica, inseguita da una volante perché stava pedalando con il cellulare in mano, fu sottoposta a una specie di interrogatorio sulla Karl-Marx-Allee (in cui ovviamente fu schernita della sua italica provenienza) e costretta a pagare venticinque euro di multa.

Ho riso anche quando hanno fermato me, a due minuti da casa mia, appostati dietro una macchina parcheggiata con tanto di paletta. Mi bloccano la strada, mi fanno fermare e mi dicono: Lei è passata col rosso. Perché? Ha qualcosa da dichiarare?

Accennai un timido sorriso e gli spiegai che ero un po’ in ritardo. Ero davvero in ritardo, e la strada era semichiusa, mai avrei pensato che a duecento metri si erano appostati i simpaticoni. Dopo mezz’ora che controllano con la centrale che io abiti effettivamente dove dico di abitare, mi lasciano andare dicendo che la multa arriverà per posta. Mi metto il cuore in pace, pensando di dover pagare i soliti 40-50 euro. Ma il mio umore era destinato a ballare molto di più.

Due settimane dopo, nuova multa. Di prima mattina prendo la metro per andare a lavorare. Entrano due ragazzi che sembrano infreddoliti. Il mio lato ultraborghese pensa già: Madonna, sti disadattati, a trent’anni suonati ancora a fare i punkabbestia! E invece, ZAC!, tirano fuori i cartellini e chiedono i biglietti (non ho ancora capito se li prendono apposta così poco “formali” o se si camuffano loro).

Fatto sta che nel momento il cui tiro fuori il mio abbonamento, mi accorgo che è scaduto esattamente sette ore prima. Spero che capiscano che è solo una dimenticanza, scendo insieme a loro, e gli mostro che faccio l’abbonamento nuovo. Anche il mio coinquilino, per caso lì con me, prova un salvataggio in corner. Niente da fare, non hai un titolo valido, paghi quaranta euro. Sono demoralizzata.

Il morale mi si tira un po’ su quando mi accorgo che, a distanza di un mese e mezzo, la mia multa in bici ancora non è arrivata. Penso che magari si è persa o se la sono dimenticata. Illusa– mi schernisce il coinquilino- i tedeschi non si dimenticano mai una multa.  Ma io non lo ascolto e preferisco rimanere nella mia panacea di illusione e ignoranza. E’ durata poco. La settimana dopo la multa è arrivata, e il mio umore è sceso sottoterra. Mai ho preso una multa tanto alta.

Odio parlare di soldi, ma vi assicuro che prendere una multa a tre cifre in bicicletta è tragicomico. Fondamentalmente la bicicletta qui è perfettamente equiparabile alla macchina, quindi passare col rosso è un vero reato. Faccio fatica a mandar giù tutto, ma penso che almeno imparerò la lezione. Poi leggo le ultime vicende politiche italiane, e allora accetto quasi di buon grado anche una multa in bici. Viva la Germania. Amen.

 – pubblicato originariamente sul blog trigonometriedivitaealtrefandonie