La Banda Bassotti: “Berlino è la nostra seconda casa”

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di Valerio Bassan

La Banda Bassotti non ha bisogno di presentazioni. Espressione della scena antifascista romana, dalla storia lunga e combattiva, la band ska-punk è diventata ormai una vera e propria istituzione musicale, grazie anche alla credibilità costruita attorno a sé nel corso del tempo. In Italia e non solo: in quasi trent’anni di carriera, il gruppo ha fatto sentire la propria voce in tutto il mondo, dal Venezuela al Giappone, sposando tematiche scomode e cercando di aiutare gli ultimi. Li abbiamo incontrati in occasione del loro ultimo concerto berlinese, a febbraio 2013.

A Berlino la Banda Bassotti è di casa, lo testimonia anche il live registrato tre anni fa. Come è nato questo legame particolare con la città tedesca?
Una decina di anni fa ci chiamò Mauro, che vive a Berlino da anni e che ora è un nostro grande amico, per suonare in una rassegna che lui organizzava che si chiamava Punkitalia.  Non eravamo mai stati a Berlino, anzi eravamo abbastanza riluttanti all’idea di venire. Da quella volta, siamo tornati tutti gli anni. Abbiamo trovato una seconda casa qui, grazie a Mauro e a tutti gli amici. Sono tantissimi gli italiani che ci seguono ma anche moltissimi tedeschi, davvero una situazione particolare che ci ha anche spinto a registrare il live che citavi prima.

L’SO36, così come il quartiere circostante, è un luogo leggendario per il punk berlinese. Quali sono le sensazioni nell’esibirsi nel “tempio” della musica di protesta di Berlino?
Suonare all’so36 fa sempre piacere. Kreuzberg è un simbolo per i punk di tutto il mondo e la professionalità che troviamo lì è davvero da lasciare senza parole. Ce ne fossero di posti cosi: è proprio quello di cui le bands e i giovani hanno bisogno. L’So36 è un modello da imitare e da esportare.

La Germania, in generale, ha sempre riservato un’accoglienza molto calorosa alle band nostrane. Basti pensare alla vostra esperienza, o a quella di gruppi come Klasse Kriminale e Los Fastidios, che ancora oggi vantano nel paese uno status di band di culto. Voi avete notato qui un’accoglienza differente rispetto a quella di altri paesi europei? Come vi spiegate questo grande interesse per band che cantano in italiano?
Crediamo che l’interesse derivi dal fatto che in Germania sia pieno di italiani. A Berlino e ad Amburgo abbiamo un grandissimo seguito, ma anche nelle altre città dove siamo stati abbiamo sempre trovato una bellissima accoglienza. Questo non può che farci piacere. In tutti i Paesi in cui ci esibiamo rimaniamo contenti per l’accoglienza che ci riservano. Ma la Germania e la sua capitale in particolare hanno qualcosa di diverso. È un po’ come suonare in casa, pur essendo a duemila chilometri da casa nostra.

L’impegno sociale e politico, nelle vostre canzoni, non è mai mancato. In questo preciso periodo storico, in Italia e fuori, c’è ancora bisogno di veicolare un certo tipo di messaggi? Perché?
Se così non fosse, non sentiremmo l’esigenza di andare in giro. Adesso, ancora più di prima, bisogna veicolare certi messaggi. Viviamo in un mondo sempre più ingiusto, quindi non ci sembra proprio il caso di mollare la presa. Non ci tapperanno la bocca facilmente. La Banda Bassotti è quello che è: noi cantiamo ciò che viviamo.

Negli ultimi anni avete girato il mondo, suonando soprattutto in Sudamerica. Quali sono i vostri progetti futuri?
Negli ultimi anni abbiamo fatto dei bellissimi tour: Giappone, Cuba, Messico, Venezuela, Argentina, Russia. Adesso stiamo valutando di tornare in America, ci piacerebbe fare una serie di concerti che tocchi vari stati. Colombia ed Ecuador potrebbero essere i prossimi obiettivi, ma non lo dite in giro.. è un segreto.

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